“Roma vivrà la sua vocazione universale, solo se diverrà sempre più una città fraterna. Roma avrà un futuro, se condivideremo la visione di città fraterna, inclusiva, aperta al mondo”. È l’appello con cui si conclude il messaggio inviato dal Papa in occasione delle celebrazioni per i 150 anni di Roma Capitale, iniziate al Teatro dell’Opera alla presenza del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Nel testo, letto dal cardinale segretario di Stato, Pietro Parolin, il vescovo di Roma – qualifica da lui scelta per sé fin dall’inizio del pontificato – cita a più riprese Giovanni Paolo II, “che amò tanto Roma” , e Papa Paolo VI, l’altro papa santo secondo il quale “Roma parla al modo di fratellanza, di concordia e di pace”. “Non si può vivere a Roma a testa bassa”, l’invito ai cittadini. Prossima tappa, non lontana: il Giubileo del 2025.
“La proclamazione di Roma Capitale – esordisce Francesco – fu un evento provvidenziale, che allora suscitò polemiche e problemi. Ma cambiò Roma, l’Italia e la stessa Chiesa: iniziava una nuova storia”.
“In 150 anni, Roma è tanto cresciuta e cambiata”, l’analisi del Papa: “da ambiente umano omogeneo a comunità multietnica, nella quale convivono, accanto a quella cattolica visioni della vita ispirate a altri credo religiosi ed anche a concezioni non religiose dell’esistenza”, scrive citando il discorso di Giovanni paolo II in Campidoglio. “La Chiesa, in questa vicenda, ha condiviso le gioie e i dolori dei romani”, il bilancio di Francesco, che ricorda le parole pronunciate, alla viglia del Concilio Vaticano II, dall’allora card. Montini, a proposito di 150 anni fa: “Parve un crollo; e per il dominio territoriale pontificio lo fu. Ma la Provvidenza, ora lo vediamo bene, aveva diversamente disposto le cose, quasi drammaticamente giocando negli avvenimenti”.
Durante i nove mesi dell’occupazione nazista di Roma, “segnati da tanti dolori, tra il 1943 e il 1944”, dal 16 ottobre 1943 “si sviluppò la terribile caccia per deportare gli ebrei”.
Il Papa evoca “la Shoah vissuta a Roma”, durante la quale “la Chiesa fu uno spazio di asilo per i perseguitati: caddero antiche barriere e dolorose distanze”. “Da quei tempi difficili, traiamo prima di tutto la lezione dell’imperitura fraternità tra Chiesa cattolica e Comunità ebraica, da me ribadita nella visita al Tempio Maggiore di Roma”, l’appello di Francesco, secondo il quale “la Chiesa rappresenta una risorsa di umanità nella città”. “E i cattolici sono chiamati a vivere con passione e responsabilità la vita di Roma, specie i suoi aspetti più dolorosi”, l’invito del Papa, che menziona inoltre gli anni del Concilio Vaticano II, dal 1962 al 1965, quando “Roma brillò come spazio universale, cattolico, ecumenico” e “divenne città universale di dialogo ecumenico e interreligioso, di pace”.
“La città deve essere la casa di tutti”,
raccomanda Francesco citando il Convegno sui “mali di Roma” voluto nel febbraio 1974 dall’allora cardinale vicario Ugo Poletti. “In partecipate assemblee di popolo, ci si pose in ascolto dell’attesa dei poveri e delle periferie”, sottolinea Francesco: “Lì, si trattò di universalità, ma nel senso dell’inclusione dei periferici”. “È una responsabilità anche oggi”, per il Papa: “le odierne periferie sono segnate da troppe miserie, abitate da grandi solitudini e povere di reti sociali”. “C’è una domanda d’inclusione scritta nella vita dei poveri e di quanti, immigrati e rifugiati, vedono Roma come un approdo di salvezza”, la fotografia di Francesco: “Spesso i loro occhi, incredibilmente, vedono la città con più attesa e speranza di noi romani che, per i molteplici problemi quotidiani, la guardiamo in modo pessimista, quasi fosse destinata alla decadenza.
No, Roma è una grande risorsa dell’umanità! Roma è una città di una bellezza unica. Roma può e deve rinnovarsi nel duplice senso dell’apertura al mondo e dell’inclusione di tutti. A questo la stimolano anche i Giubilei, e quello del 2025 ormai non è più lontano”.
“Abbiamo bisogno di riunirci attorno a una visione di città fraterna e universale, che sia un sogno proposto alle giovani generazioni”:
“Tale visione è scritta nei cromosomi di Roma”,
afferma il Papa, sottolineando che alla fine del pontificato, san Paolo VI disse: “Roma è l’unità, e non solo della gente italiana, ma erede dell’ideale tipico della civiltà in quanto tale e come centro tuttora della Chiesa Cattolica, cioè universale. Roma sarà promotrice di unità e pace nel mondo, quanto sarà capace di costruirsi come una città fraterna”. “Celebriamo i 150 anni di Roma Capitale, storia lunga e significativa”, l’invito: “Spesso la dimenticanza della storia si accompagna alla poca speranza di un domani migliore e alla rassegnazione nel costruirlo. Assumere il ricordo del passato spinge a vivere un futuro comune. Roma avrà un futuro, se condivideremo la visione di città fraterna, inclusiva, aperta al mondo”.
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