DIOCESI – Ci sono giornate molto sentite soprattutto perché hanno una ricaduta commerciale, altre meno, come la giornata mondiale di preghiera e riflessione contro la tratta di persone. La schiavitù è stata abolita dal punto di vista giuridico, ma è ancora una triste realtà presente in tutti i Paesi. E’ una piaga che colpisce indistintamente tutti, ma anzitutto i più poveri e coloro che in vario modo possono definirsi “ultimi”, gli “scartati” della nostra società. Coloro che vivono ai margini e i più deboli, come le donne e i bambini, sono le vittime privilegiate di ingiustizie e soprusi. Secondo i dati Ocse, ogni anno sarebbero 40 milioni, il 70% dei quali donne e minori, le persone vittime di sfruttamento e tratta; un business da circa 150 miliardi di dollari annui. E’ paradossale, ma nel 2020 la schiavitù continua….
“Avevo deciso di lasciare il mio Paese, la Nigeria, dopo la morte di mio padre. Volevo aiutare mia madre e i miei fratelli. Arrivata in Italia con la promessa di un lavoro, mi ritrovai sulla strada, sotto le direttive di una madame che mi sottoponeva a violenze fisiche e psicologiche. Pensavo che una volta saldato il debito mi sarei liberata da questo incubo. Ma loro chiedevano sempre più soldi. Sola e senza documenti finii in carcere, pur essendo innocente…”. E’ una delle tante storie che si vivono anche qui tra noi.
Se ci sono tante ragazze vittime della tratta che finiscono sulle strade, anche della nostra zona, è perché molti uomini, e forse oggi anche donne, sono disposti a pagare per il loro piacere. Questo vuol dire che la causa principale della tratta non solo i trafficanti, ma l’egoismo senza scrupoli di tante persone ipocrite del nostro mondo. Certo, arrestare i trafficanti è un dovere di giustizia. Ma la vera soluzione è la conversione dei cuori, il taglio della domanda per prosciugare il mercato (cfr. Papa Francesco, Parole ai partecipanti alla IV GMPT, 12 Febbraio 2018).
C’è il rischio che queste Giornate restino solo un atto celebrativo, mentre occorrerebbe una vera rivoluzione, anzitutto culturale. Forse servirebbe una sollevazione popolare simile a quella che sta suscitando Greta Thunberg per i cambiamenti climatici. Nessun essere umano, specie queste donne, a volte poco più che bambine, può essere considerato come un oggetto da usare, sono persone da rispettare e da amare. Bisognerebbe davvero scendere in piazza e gridare per chi non ha più voce, chiedere più giustizia, più umanità, più tenerezza.
Ha scritto Suor Charo Bolanos: “Non sempre si ragiona con i piedi, è difficile, molto difficile. Ragionare con i piedi, implica che devi spostarti dalla tua zona di comfort e questo ti stanca perché devi vedere ciò che non vorresti, ciò che è nascosto agli occhi, ciò che è osceno. Sin dall’inizio, c’è nella storia dell’umanità una domanda che non dovrebbe lasciarci dormire ma che purtroppo abbiamo rimosso. “Dov’è tuo fratello”. Ma chi è questo fratello? Questo fratello non viene mai riconosciuto, anche se in realtà ogni uomo è un fratello, come ogni donna, eppure senza nessuna vergogna la risposta che in genere diamo è: “non ho fratelli” e se vediamo il male nell’umanità la colpa è sempre degli altri. Noi non centriamo. A chi tocca vedere e cancellare tutto il dolore che si palesa in alcune strade? A chi tocca farsi carico delle donne prostituite che abitano quelle strade e che nell’indifferenza più assordante sono violentate giorno e notte? Chi deve mettere fine al traffico di persone, alla violenza, alla cattiveria, alla cecità?
Quando il popolo di Israele viveva in Egitto sotto il peso dell’oppressione del Faraone, Mosè sentì quel dolore intensamente nel suo intimo e nella sua carne, quando si svegliò, ecco che c’era un fuoco che non si consumava. Non vediamo noi spesso quei falò per la strada? Certamente i falò li vediamo, ma non riconosciamo chi sta dietro ad essi. Il vescovo di Madrid ha detto: “solo chi tocca il povero si fa carico del suo dolore”.”
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