“Il mite è colui che ‘eredita’ il più sublime dei territori. Non è un codardo, un ‘fiacco’ che si trova una morale di ripiego per restare fuori dai problemi. Tutt’altro! È una persona che ha ricevuto un’eredità e non la vuole disperdere”. Lo ha detto Papa Francesco nella sua catechesi, durante l’udienza generale, dedicata alla terza delle otto beatitudini del Vangelo di Matteo: “Beati i miti perché avranno in eredità la terra” (Mt 5,5). “Il mite non è un accomodante ma è il discepolo di Cristo che ha imparato a difendere ben altra terra – ha aggiunto -. Lui difende la sua pace, difende il suo rapporto con Dio e i suoi doni, custodendo la misericordia, la fraternità, la fiducia, la speranza”. Riflettendo sul fatto che “le persone miti sono misericordiose”, Francesco ha fatto riferimento al “peccato dell’ira”, ponendo alcune domande. “Quante cose abbiamo distrutto con l’ira? Quante cose abbiamo perso?”. “Un momento di collera può distruggere tante cose – ha continuato -; si perde il controllo e non si valuta ciò che veramente è importante, e si può rovinare il rapporto con un fratello, talvolta senza rimedio”. Osservando che “per l’ira tanti fratelli non si parlano più, si allontanano l’uno dall’altro”, il Papa ha evidenziato parlando a braccio che “la mitezza raduna, l’ira separa”. “La mitezza è capace di vincere il cuore, salvare le amicizie e tanto altro, perché le persone si adirano ma poi si calmano, ci ripensano e tornano sui loro passi, e si può ricostruire”. In conclusione, “la ‘terra’ da conquistare”, cioè “la salvezza di quel fratello di cui parla lo stesso Vangelo di Matteo”. “Non c’è terra più bella del cuore altrui, non c’è territorio più bello da guadagnare della pace ritrovata con un fratello. Questa è la terra da ereditare con la mitezza!”.
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