“La Chiesa c’è, è presente. A partire dai suoi Pastori – Vescovi e sacerdoti – condivide le preoccupazioni e le sofferenze di tutta la popolazione. È vicina nella preghiera: l’appuntamento con il Rosario in famiglia promosso per il giorno di San Giuseppe è solo un esempio di una preghiera che si eleva continua”. Lo si legge in una nota della Presidenza della Cei sull’emergenza Coronavirus. “È una Chiesa, la nostra, presente, anche in questo frangente, nella carità: siamo edificati da tanti volontari delle Caritas, delle parrocchie, dei gruppi, delle associazioni giovanili, delle Misericordie, delle Confraternite… che si adoperano per sollevare e aiutare i più fragili”. Con “sguardo di fiducia, speranza e carità”, prosegue la nota dei vescovi, “intendiamo affrontare questa stagione”: “Ne è parte anche la condivisione delle limitazioni a cui ogni cittadino è sottoposto. A ciascuno, in particolare, viene chiesto di avere la massima attenzione, perché un’eventuale sua imprudenza nell’osservare le misure sanitarie potrebbe danneggiare altre persone”.
“Di questa responsabilità può essere espressione anche la decisione di chiudere le chiese. Questo non perché lo Stato ce lo imponga – ribadisce la Cei -, ma per un senso di appartenenza alla famiglia umana, esposta a un virus di cui ancora non conosciamo la natura né la propagazione. I sacerdoti celebrano quotidianamente per il Popolo, vivono l’adorazione eucaristica con un maggior supplemento di tempo e di preghiera. Nel rispetto delle norme sanitarie, si fanno prossimi ai fratelli e alle sorelle, specialmente i più bisognosi. Da monasteri e comunità religiose sappiamo di poter contare su un’orazione continua per il Paese”.
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