“La pace di Gesù è un’altra pace” rispetto a quella “mondana”: non è “tranquillità interiore”, ma è frutto della morte e risurrezione di Gesù. Lo ha detto, a braccio, il Papa, che nella catechesi dell’udienza di oggi, trasmessa in diretta streaming dalla biblioteca del Palazzo apostolico vaticano, si è soffermato sulla settima Beatitudine: “Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio”.
“La storia è un’infinita serie di trattati di pace smentiti da guerre successive, o dalla metamorfosi di quelle stesse guerre in altri modi o in altri luoghi”,
l’analisi di Francesco: “Anche nel nostro tempo, una guerra ‘a pezzi’ viene combattuta su più scenari e in diverse modalità. “Dobbiamo perlomeno sospettare – l’invito – che nel quadro di una globalizzazione fatta soprattutto di interessi economici o finanziari la ‘pace’ di alcuni corrisponda alla ‘guerra’ di altri. E questa non è questa la pace di Cristo!”.
Il senso della parola “pace”, infatti, può essere frainteso o delle volte banalizzato. “Dobbiamo orientarci fra due idee di pace”, spiega il Papa: “La prima è quella biblica, dove compare la bellissima parola shalòm, che esprime abbondanza, floridezza, benessere. Quando in ebraico si augura shalòm, si augura una vita bella, piena, prospera, ma anche secondo la verità e la giustizia, che avranno compimento nel Messia, principe della pace”. C’è poi “l’altro senso, più diffuso, per cui la parola pace viene intesa come una sorta di
tranquillità interiore: questa è un’idea moderna, psicologica e più soggettiva. Si pensa comunemente che la pace sia quiete, armonia, equilibrio interno”. “Questa accezione della parola pace è incompleta e non può essere assolutizzata, perché nella vita l’inquietudine può essere un importante momento di crescita”,
il monito: ”Tante volte è il Signore stesso che semina in noi l’inquietudine per andare incontro a lui, per trovarlo. In questo senso è un importante momento di crescita. Mentre può capitare che la tranquillità interiore corrisponda ad una coscienza addomesticata e non ad una vera redenzione spirituale”. “Tante volte il Signore deve essere ‘segno di contraddizione’, scuotendo le nostre false sicurezze, per portarci alla salvezza”, osserva Francesco: “In quel momento ci sembra di non trovare pace, ma è il Signore stesso che ci mette su questa strada per trovare la pace che lui dà”.
“Chi sono gli operatori di pace”? E’ a questa domanda che risponde la settima Beatitudine, “la più attiva, più esplicitamente operativa”. “L’espressione verbale è analoga a quella usata nel primo versetto della Bibbia per la creazione e indica iniziativa e laboriosità”, fa notare il Papa: “L’amore per sua natura è creativo – l’amore è sempre creativo – e cerca la riconciliazione a qualunque costo”.
“Sono chiamati figli di Dio coloro che hanno appreso l’arte della pace e la esercitano, sanno che non c’è riconciliazione senza dono della propria vita, e che la pace va cercata sempre e comunque”,
l’identikit dell’operatore di pace: “Sempre e comunque, non dimenticare questo, va cercata così!”, l’invito a braccio: “Questa non è un’opera autonoma frutto delle proprie capacità, è manifestazione della grazia ricevuta da Cristo, che è nostra pace e ci ha resi figli di Dio”. “La vera shalòm e il vero equilibrio interiore – conclude Francesco – sgorgano dalla pace di Cristo, che viene dalla sua Croce e genera un’umanità nuova, incarnata in una infinita schiera di santi e sante, inventivi, creativi, che hanno escogitato vie sempre nuove per amare. I santi, le sante che fanno la pace. Questa vita da figli di Dio, che per il sangue di Cristo cercano e ritrovano i propri fratelli, è la vera felicità. Beati coloro che vanno per questa via! E Di nuovo buona Pasqua a tutti, nella pace di Cristo!”.
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