di Vincenzo Tosello
Feste del 25 aprile e 1° maggio quest’anno del tutto particolari, all’insegna della sobrietà e senza folle (ma con tante bandiere alle finestre…). Del resto il governo aveva previsto la fase più cogente di restrizioni fino al 3 maggio proprio per saltare i due “ponti” più pericolosi. Ambedue le feste “civili” – senza dimenticare che per ambedue c’è anche una ricorrenza religiosa, rispettivamente quella dell’evangelista Marco e quella di S. Giuseppe lavoratore – ci hanno posto in questa fase grandi interrogativi. Nella prima, il 75° della Liberazione dal nazifascismo, abbiamo potuto riflettere sul grande valore della libertà, per la quale molti offrirono la loro vita e moltissimi, proprio tra i nostri anziani piegati ora dalla pandemia, combatterono. Un bene da apprezzare ancor di più in momenti in cui, in qualche modo, ce ne sentiamo parzialmente deprivati per causa maggiore. Sono in molti, del resto, proprio in questi giorni a invocare una sorta di nuova “liberazione” da questa “prigionia” della pandemia per le varie dimensioni del vivere quotidiano. In molti continuano a invocare anche la “liberazione” della scuola, rinviata ancora “sine die”. In molti chiediamo anche, per così dire, la “liberazione” della liturgia – dopo quella concessa ora per i funerali, sempre con le dovute precauzioni, anche quella per le messe con i fedeli, come promesso dal Ministro dell’Interno e poi (se pur tardivamente, dopo il severo richiamo della CEI che rivendica, nei modi dovuti, la libertà di culto oltre che la propria autonomia concordataria) da Palazzo Chigi, anche se siamo ben consapevoli che per settimane e forse per mesi non sarà comunque una “liberalizzazione”, in quanto occorrerà mantenere distanze e adottare precauzioni che inevitabilmente ridurranno il carattere “assembleare” insito nelle nostre liturgie. Per cui resta sempre valido l’invito a sentirsi “chiesa” più intensamente nelle nostre case, in famiglia, certo con il desiderio di ritrovarci quanto prima davvero tutti insieme. E poi la festa internazionale storica del primo giorno di questo mese attorno al tema e al problema del “lavoro”. Vano ricordo per le adunate oceaniche del passato e per i grandi concerti in piazza! La giornata richiama da una parte l’impegno di quanti hanno continuato strenuamente a dedicarsi ai lavori essenziali (dalla sanità a tutte le altre filiere fondamentali) e insieme l’urgenza di rimettersi pressoché tutti al lavoro, aprendo al maggior numero possibile di attività. Ma dall’altra, adesso ancora di più rispetto al tempo precedente in cui comunque il tasso di disoccupazione era elevato, l’incombere della perdita di ulteriori e numerosi posti di lavoro: in particolare nel nostro territorio, dove l’economia si basa su pesca, agricoltura e turismo, tra i settori maggiormente penalizzati e di più difficile recupero in tempi brevi, o per lo meno accettabili. Occorre riconoscere: il Covid-19 ci ha duramente colpiti in ogni ambito e livello. Ma proprio per questo occorre riprendere con maggiore forza e determinazione.
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