“Uno degli effetti economici più immediati della crisi associata al Covid-19 è stato il blocco dei flussi turistici. I primi effetti sono già emersi a febbraio, con il diffondersi dell’epidemia in molti Paesi, ma è agli inizi di marzo che si è giunti all’azzeramento dell’attività in corrispondenza dei provvedimenti generalizzati di distanziamento sociale”. Un settore che vede l’Italia “al primo posto in Europa per quota di esercizi ricettivi sul totale Ue (più del 30% nel 2018) e al secondo per quota di presenze di clienti di residenza estera (50,6% nel 2019)”.
Lo rende noto l’Istat diffondendo le statistiche di “Una stagione mancata: impatto del Covid-19 sul turismo”.
“Nel 2019 il turismo in Italia ha fatto registrare 130,2 milioni di arrivi e 434,7 milioni di presenze negli esercizi ricettivi, con un aumento di 42 milioni rispetto al 2015”, spiega l’Istat, aggiungendo che “nonostante la crescita sia stata trainata dal settore extra-alberghiero, le strutture ricettive alberghiere mantengono un ruolo prevalente con oltre il 64% delle presenze”. Inoltre, “dal 2017 i clienti stranieri rappresentano la componente di maggior peso negli esercizi ricettivi italiani, 50,6% nel 2019: con un ritmo di crescita quasi doppio negli ultimi tre anni (+14,1 contro +7,3%), hanno capovolto la precedente situazione che assegnava alla clientela domestica la quota maggioritaria di presenze”.
Stando ai dati diffusi, nel trimestre marzo-maggio 2019 si sono registrate in Italia circa 81 milioni di presenze turistiche, pari al 18,5% del totale annuale. “La composizione della domanda di turismo in Italia – si legge nel documento – indica che nella stagione primaverile la clientela estera è (con il 56% delle presenze) più rappresentata che nel resto dell’anno. Quanto alla tipologia di alloggio, a primavera le strutture alberghiere risultano di gran lunga le preferite, con una quota significativamente superiore a quella annua (70,6%)”.
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