“In tutti i nostri servizi si sono fatti sentire gli effetti dell’entrata in vigore dei decreti sicurezza, non tanto sul numero delle persone che abbiamo assistito ma sulla loro vita che è divenuta sempre più precaria”: lo ha denunciato padre Camillo Ripamonti, presidente del Centro Astalli, durante la presentazione via web del Rapporto 2020. “In queste settimane di chiusura caratterizzate dallo slogan ‘Io resto a casa’ – ha detto – è diventato ancora più evidente che nel nostro Paese molte persone questa casa non ce l’hanno e tra questi molti migranti che abbiamo reso irregolari nel tempo, con le nostre politiche di esclusione che invece di creare sicurezza creano instabilità sociale”.
“La vera emergenza non sono gli arrivi ma i troppi che abbandoniamo”, ha sottolineato padre Ripamonti. E a proposito del Decreto Rilancio che aiuta la regolarizzazione per badanti, colf e braccianti: “un primo passo in una direzione che restituisce dignità alle persone ma che non ci può bastare”.
A seguito della crescente precarietà la struttura dei gesuiti ha registrato nel 2019 l’aumento del 29% di accessi al centro di ascolto.
Secondo il rapporto gli utenti che si sono rivolti al servizio sprovvisti di documenti validi sono notevolmente aumentati (+79%). Circa i due terzi delle persone che si sono rivolte all’ambulatorio nel 2019 non risulta iscritta al Servizio Sanitario Nazionale. Nei centri in convenzione con il Siproimi, rispetto all’anno precedente, il numero degli ospiti vulnerabili è salito in proporzione dal 30 al 40%.
Nel 2019 si sono rivolte al Centro Astalli 20.000 persone migranti, di cui 11.000 a Roma (sono 7 le associazioni della rete).
I volontari sono 617, gli operatori un centinaio. Sono stati distribuiti 56.475 pasti e accolte 835 persone, di cui a Roma 375. I beneficiari dei progetti realizzati sono stati 1.495. Gli studenti incontrati nell’ambito dei progetti “Finestre e Incontri” sono stati 25.679.
11.471 migranti sbarcati in Italia nel 2019 (-90% rispetto al 2017). Nel 2019, si legge nel Rapporto, “migliaia di migranti hanno vissuto confinati in una sorta di limbo. Dimenticati nelle carceri libiche, nei campi delle isole greche o persino sulle navi che li hanno soccorsi, lasciati in balìa delle onde per giorni mentre l’Italia e gli altri Stati dell’Unione europea ingaggiavano un vergognoso braccio di ferro su chi dovesse accogliere poche decine di persone”. Solo 11.471 migranti sono approdati in Italia (facendo registrare un calo di oltre il 50% rispetto al 2018 e del 90% in relazione al 2017). I morti nel Mediterraneo sono stati oltre 40 mila dal 2000.
Nell’ultimo anno 8.406 persone intercettate nel Mediterraneo sono state riportate in Libia
e lì detenute in condizioni che le Nazioni Unite definiscono inaccettabili. Circa il 35% dei pazienti che si sono rivolti al servizio specializzato del Centro Astalli (Samifo) sono risultati vittime di tortura o maltrattamenti, di tratta, di mutilazioni genitali femminili e portatori di disturbi post-traumatici.
A nome dei profughi siriani. “Vi parlo dall’amata e martoriata Siria, da 9 anni in guerra – ha detto -. Un conflitto che è stato definito come un moderno calvario, un inferno, un mare di dolore”, ha detto il cardinale Mario Zenari, nunzio apostolico in Siria, in collegamento video da Damasco. Mons. Zenari ha ricordato la “lunga via dolorosa” percorsa dai siriani in fuga – 12 milioni tra sfollati interni e rifugiati fuori dal Paese -, auspicando che quelli “approdati in Italia e in Europa” possano “sperimentare una reale e generosa solidarietà”.
“Durante la pandemia non voltare le spalle a chi fugge”. “E’ possibile proteggere la salute pubblica e proteggere i rifugiati – ha ribadito poi Filippo Grandi, Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati -. Il salvataggio in mare resta un imperativo umanitario. Non dobbiamo permettere che la paura e l’intolleranza minaccino il rispetto dei diritti” . Oggi ci sono 70 milioni di persone in fuga, una cifra che aumenta anno dopo anno, con milioni di apolidi. Il Coronavirus, ha osservato, “ha reso il quadro internazionale ancora più drammatico, con il 90% dei rifugiati che vivono in Paesi con strutture sanitarie fragilissime”. “Le misure per proteggere la salute dei cittadini che limitano l’accesso dei richiedenti asilo a Paesi sicuri – ha chiesto – siano ragionevoli e provvisorie. È imperativo non voltare le spalle a chi fugge in cerca di salvezza”.
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