Paolo Bustaffa
La pandemia, con ciò che l’ha accompagnata, ha lasciato ferite a tutti.
Da un lato: le immagini degli spericolati e irresponsabili affollamenti alla fine della quarantena; lo spettacolo amaro delle aule parlamentari durante gli scoppi rissosi; la narrazione di situazioni drammatiche per mancanza di lavoro e difficoltà economiche con l’ombra inquietante della criminalità organizzata sulle angosce di persone e imprese …
Dall’altro lato: gli infiniti gesti di umanità che hanno detto quanto il senso del dovere fosse presente in coloro che hanno instancabilmente lavorato per gli altri in diverse prime linee; le immagini della creatività digitale che ha bloccato l’emorragia delle relazioni per consentire che riprendessero a scorrere nel corpo sociale; l’incontro, seppur a distanza, di due fragilità: quelle dei nonni e quelle dei nipotini…
Un quadro a fianco dell’altro e sopra a entrambi una grande scritta: “Saremo migliori?
Tre linee di pensiero si sono subito proposte: quella dei pessimisti, quella degli ottimisti e quella degli oscillanti tra gli uni e gli altri. In tutte le posizioni ci sono una riflessione, un’esperienza, un desiderio. La pandemia, con ciò che l’ha accompagnata, ha lasciato ferite a tutti. Non è il tempo di giudicare, pochi oggi pensano che si sia chiuso un capitolo e ora “andrà tutto bene”.
Si rileggerà con calma il significato di un’espressione di fiducia apparsa ovunque, dai balconi alle finestre digitali, dalle case per anziani agli ospedali, dai disegni dei bambini con tanto di arcobaleno alle pagine di pubblicità.
Ora è il tempo della domanda: “Saremo migliori?”
Un primo passo, nella ricerca di una risposta, è nella memoria. E’ davvero migliorato l’uomo dopo le tragedie vissute, dopo le pandemie che egli stesso ha provocato nel mondo, dopo l’oppressione della libertà di pensare, di credere, di parlare?
Una secondo passo, strettamente collegato al primo, è prendere atto che l’eclissi della coscienza ieri aveva provocato violenze e distruzioni e oggi la stessa eclissi potrebbe non consentire di leggere in profondità questo tempo e di conseguenza di non orientare al bene, anzi al meglio, quello che verrà.
Proprio perché questo oscuramento della luce è verificato, come hanno testimoniato e testimoniano quanti non hanno esitato, e non esitano, a mettere se stessi al servizio del bene di tutti, incominciando dal rispetto delle norme di sicurezza sanitaria.
Per rispetto di queste testimonianze si è chiamati a ritrovare il senso e il primato della coscienza.
A scoprire e sperimentare che nel nucleo più segreto, nel sacrario interiore dove l’uomo si trova solo con Dio prende sostanza e respiro la risposta al “Saremo migliori?”. Lo ricorda il Concilio nel suo rivolgersi a tutti gli uomini, non solo ad alcuni. La coscienza è “il luogo” in cui sostare prima di rispondere.
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