Se ogni modello di santità cristiana trova il suo fondamento nella persona di Gesù Cristo, ciò è tanto più vero per la figura del martire. Il martire infatti si configura nella maniera più perfetta al Signore perché si associa a lui attraverso la morte cruenta. Per comprendere a pieno la figura del martire e la sua specifica santità è utile prendere in esame la figura del primo uomo che ha dato la vita per Cristo: Santo Stefano. È possibile cogliere l’importanza di questo protomartire attraverso il resoconto della Sacra Scrittura e la testimonianza della tradizione
Stefano nella Sacra Scrittura
La vicenda di Stefano è descritta negli Atti degli Apostoli. Egli apparteneva al primo gruppo di diaconi istituiti dagli apostoli[1]. L’evangelista Luca, nel descrivere le vicende del martirio di Stefano, traccia un netto parallelismo fra il diacono e il Signore Gesù: entrambi vengono accusati di essersi ribellati contro la Legge, di aver usato espressioni blasfeme, di non rispettare il Tempio di Gerusalemme. Sia Gesù che Stefano vengono processati dal Sinedrio, ma mentre Gesù fu poi condotto dal prefetto Ponzio Pilato, Stefano viene condannato direttamente dall’autorità ebraica e questo ci fa intuire che la sua morte sia avvenuta nell’anno 36, quando Ponzio Pilato, rimosso dal suo incarico, aveva lasciato la Giudea in una situazione di incertezza. Le somiglianze continuano poi nel momento più drammatico: Stefano viene condotto fuori dalla Città Santa, e mentre viene barbaramente ucciso (per lapidazione) si rivolge a Gesù chiedendo di accogliere la sua anima e implorando il perdono per i suoi assassini. La narrazione degli atti si conclude con la sepoltura del martire ad opera di persone pie che fecero sul suo corpo un gran lamento.
Santo Stefano nella tradizione
La tradizione narra che la notte del 3 dicembre 415 un sacerdote di Gerusalemme chiamato Luciano vide in sogno il dotto Gamaliele, quello che aveva educato il giovane Saulo di Tarso, che gli indicò il luogo di sepoltura di Stefano. Avvertito il Vescovo di Gerusalemme e tramite il suo aiuto, Luciano ritrovò i resti di Stefano che vennero traslati nella chiesa di Sion a Gerusalemme il 26 dicembre, giorno nel quale il santo ancora oggi è venerato. Il fatto che tale traslazione abbia avuto luogo il giorno dopo Natale è una “felice coincidenza” poiché permette di venerare la nascita in cielo di Stefano il giorno dopo la nascita di Cristo sulla terra.
L’antico culto di Santo Stefano
Anche se secondo questa tradizione il ritrovamento del corpo è avvenuto nel V secolo, il culto di Santo Stefano dovrebbe essere molto più antico se sono vere le parole di Agostino:
“Sono in molti infatti a sapere quanti miracoli si verifichino in quella città (Ancona) per l’intercessione del beatissimo martire Stefano. Ed ascoltate quanto deve destarvi meraviglia. Una Cappella in onore di lui era là da gran tempo ed è là tuttora. Ma tu vuoi forse dire: Non ne era stato ancora rinvenuto il corpo e come poteva esservi una Cappella? Certamente la ragione è occulta: ma non terrò nascosto alla Carità vostra quello che ci ha fatto pervenire la tradizione. Quando santo Stefano veniva lapidato erano pure presenti alcune persone innocenti, soprattutto coloro che già avevano creduto in Cristo. Si dice che una pietra gli avesse raggiunto un gomito e, rimbalzata di lì, fosse finita davanti ad un uomo religioso. Questi la prese e la conservò. Quell’uomo era marinaio di professione; un caso fortuito, proprio del navigare, lo sospinse sul lido di Ancona e gli venne rivelato che quella pietra doveva essere lì riposta. Quello assecondò la rivelazione e fece ciò che gli era stato ordinato: da questo fatto vi si edificò una Cappella in onore di santo Stefano; correva pure voce che ivi è un braccio di santo Stefano, ignorando la gente che cosa fosse accaduto. Ma in realtà si ritiene che, essendo stato quello il luogo della rivelazione, là dovesse restare la pietra rimbalzata dal gomito del Martire, in quanto, in greco, gomito suona ankòn”.[2]
Nel V secolo sul luogo del ritrovamento del corpo invece venne costruita per volontà dell’imperatrice Eudocia[3] una cappella. Il suo culto non fu circoscritto solo al luogo del suo martirio ma si diffuse presto in tutto il mediterraneo proprio perché considerato il modello di ogni martire.
[1] Cfr. At 6,1-6
[2] AGOSTINO, Discorso 322
[3] Imperatrice bizantina vissuta fra il 401 e il 460, moglie dell’imperatore Teodosio II
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