I protestanti italiani in ginocchio per ricordare la Giornata mondiale del rifugiato, il prossimo sabato 20 giugno.
È l’iniziativa lanciata dalla Federazione delle Chiese evangeliche in Italia, attraverso il suo programma migranti e rifugiati, Mediterranean Hope, in occasione della giornata istituita dalle Nazioni Unite nel 2000. In una nota diffusa oggi, la Fcei ricorda che secondo l’Alto Commissariato dell’Onu per i rifugiati, i migranti forzati nel mondo sono oltre 70 milioni; di questi quasi 26 milioni sono “rifugiati” in senso proprio, mentre 3,5 milioni sono “richiedenti asilo”. In Italia, oggi sono circa 131mila. In Svezia, dove la popolazione è circa un sesto di quella italiana (10 milioni), i rifugiati sono 186mila, il 50% in più che nel nostro Paese. In Germania, con 82 milioni di abitanti, i rifugiati sono 478mila, quasi 4 volte quelli presenti in Italia. “Come Federazione delle chiese evangeliche sentiamo di dover dire la verità su questi numeri”, dichiara Luca Maria Negro, presidente della Federazione delle chiese evangeliche in Italia. “La loro manipolazione, infatti, non è indolore: produce sospetto, paura, emarginazione ed infine vero e proprio razzismo, in Italia come altrove. Non possiamo restare in silenzio”. Per questo sabato 20 giugno, a mezzogiorno, nelle varie sedi dove la Fcei opera nel quadro del programma Mediterranean Hope (Lampedusa, Scicli, Libano, Rosarno, Roma), si svolgerà il “kneel in” (inginocchiarsi), esattamente come 55 anni fa fece il pastore battista Martin Luther King a Selma, inaugurando una forma di protesta che si sarebbe diffusa in tutto il Civil rights movement. “Ci inginocchieremo – dice il pastore Negro – per dire che le vite dei neri contano, che le vite dei migranti contano, che le vite di tutte e tutti contano. Con questo gesto vogliamo affermare che i neri, gli immigrati, ogni essere umano è una persona che deve essere protetta, tanto più quando è perseguitata, discriminata o giudicata”. L’iniziativa risponde all’invito che i cristiani sentono di “aprire le nostre porte e i nostri cuori a chi oggi cerca protezione e giustizia”. Il Pastore Luca Negro ricorda in questo senso i corridoi umanitari come anche le tante azioni diaconali di accoglienza e integrazione. “Non sono un nostro merito – conclude – ma la conseguenza di una vocazione”.
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