“La pandemia che abbiamo vissuto, e stiamo ancora vivendo, ci riguarda come popolo, come nazione, come famiglia umana: non siamo certo indifferenti davanti alle cifre impressionanti dei contagi, dei malati, dei morti a livello mondiale. Ma è anche vero che questa esperienza ci ha fatto sentire popolo. Popolo che ha affrontato un pericolo comune, popolo che ha cercato vie di solidarietà, popolo che ha pianto tante vittime, per la prima volta senza poter dare loro un ultimo saluto, senza la celebrazione delle esequie”.
Lo ha detto ieri l’arcivescovo ordinario militare per l’Italia (Omi), mons. Santo Marcianò, nell’omelia della celebrazione in suffragio di tutti i militari dell’Arma dei carabinieri in ogni tempo deceduti. La messa è stata occasione particolare di raccoglimento e preghiera per i carabinieri venuti a mancare durante l’emergenza sanitaria e le cui esequie non sono state celebrate a causa delle prescrizioni anti Covid-19. Alla celebrazione – presso il cortile della Legione Allievi Carabinieri a Roma – erano presenti oltre ai vertici dell’Arma e ai presidenti dell’Associazione nazionale carabinieri e dell’Opera nazionale di assistenza per gli orfani dei militari dell’Arma dei carabinieri, il comandante generale e i familiari dei carabinieri deceduti in questi ultimi mesi di emergenza sanitaria. “Siamo qui, oggi, a salutare queste vittime, in particolare i carabinieri morti a causa del Coronavirus o, comunque, nel tempo del Coronavirus”, ha proseguito l’ordinario. “Siamo qui come famiglia dell’Arma e come Chiesa dell’Ordinariato militare” ma anche come “popolo che, nella pandemia, si è scoperto più fragile e vulnerabile” ma “anche più forte”. Nel ricordare medici e sanitari, militari e sacerdoti “che hanno servito fino alla fine per difendere la vita altrui”, il presule ha spiegato che proprio in questo consiste “il senso del servizio del carabiniere, il senso di ogni esistenza concepita come servizio”.
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