Giovanni M. Capetta
Nell’ambito dell’apostolato di evangelizzazione proprio dei laici, è impossibile non rilevare l’azione evangelizzatrice della famiglia. Essa ha ben meritato, nei diversi momenti della storia della Chiesa, la bella definizione di “Chiesa domestica”, sancita dal Concilio Vaticano II. Ciò significa che, in ogni famiglia cristiana, dovrebbero riscontrarsi i diversi aspetti della Chiesa intera. Inoltre la famiglia, come la Chiesa, deve essere uno spazio in cui il Vangelo è trasmesso e da cui il Vangelo si irradia.
Esortazione Apostolica Evangelii Nuntiandi, n. 71, 8 dicembre 1975
Papa Paolo VI, nel suo magistero, torna più volte sulla dimensione della famiglia come “chiesa domestica”, la definizione che, già presente nella storia della Chiesa, trova una forte conferma in occasione del Concilio Vaticano II. Un importante intervento in tal senso è nell’Esortazione Apostolica Evangelii Nuntiandi dove, nel contesto degli “operai dell’evangelizzazione”, il pontefice riserva un posto particolare alla famiglia. Quello che viene delineato all’interno della comunità famigliare è uno spazio circolare “in cui il Vangelo è trasmesso e da cui il Vangelo si irradia”. Dunque questa, che è una caratteristica propria anche della Chiesa come istituzione, trova una sua concretizzazione specifica nella dimensione famigliare. La chiesa domestica non ha delimitazione di spazi in virtù dei ruoli, in casa non c’è un presbiterio e uno spazio per l’assemblea, ma tutti, genitori e figli, sono coinvolti contemporaneamente in un’attività di annuncio e di ricezione del Vangelo. Tutti “evangelizzano e sono evangelizzati”. I genitori hanno il compito di trasmettere il Vangelo ai figli, ma sono chiamati anche ad esercitare un grande impegno nell’ascolto dei figli stessi che a loro volta sono portatori di Vangelo. Il Vangelo dei genitori in casa non dovrebbe essere proclamato da un qualche pulpito, in modo unilaterale, senza concedere spazio al dialogo e al confronto. Il Vangelo testimoniato dai genitori ha molto più l’aspetto di un esempio, spesso magari silenzioso, di fatto è trasmesso ai figli attraverso la vita concreta di ogni giorno. Da parte dei figli, allo stesso modo, il Vangelo si manifesta in gesti di prossimità spontanei, in testimonianze gratuite di generosità, ma anche sotto forma di domande e perfino di obiezioni. In tal senso è chiaro che bisogna saper riconoscere i germi di Vangelo in tante e diverse dimostrazioni. Ai genitori sono richieste un’attenzione e una pazienza particolari capaci di captare la dimensione di ricerca di verità e di senso sotto la forma dell’interrogativo e perfino dell’obiezione da parte dei figli, che non sempre seguono linearmente il cammino di fede degli adulti. C’è un periodo, di solito coincidente con l’adolescenza, in cui spesso i figli, per esempio, rifiutano un cammino ecclesiale. Anche in questa resistenza va cercata una verità. Attraverso la circolarità di cui parla il Papa abbiamo chiaro come lo spazio della famiglia sia fondamentale per preparare le nuove generazioni alla vita spirituale. Laddove l’incontro con la realtà ecclesiale possa aver registrato delle difficoltà o delle incomprensioni, è proprio fra le mura domestiche che si può recuperare un piano comune di condivisione e confronto anche su quegli elementi della vita di fede che sono risultati ostici. Parallelamente la parrocchia può essere il luogo in cui i ragazzi e i giovani ricevono quella notizia di Vangelo che possono portare nella propria casa dove magari la Parola non risuona più come un tempo o dove mai è stata aperta. Infine il Papa evidenzia come una famiglia che riconosca in se stessa la propria missione evangelizzatrice non può che diventare una cellula capace di illuminare con la parola del Vangelo tante altre famiglie nell’ambiente in cui è inserita. Questo significa che per la famiglia l’evangelizzazione non ha confini, ma si estende a tutti gli ambiti della vita associata. Liberi dalla veste istituzionale tipica delle persone consacrate, genitori e figli, oltre ad evangelizzarsi reciprocamente, propongono, con l’esempio e la parola, “fatti di Vangelo”, a scuola, sul lavoro, nello sport e nelle occasioni di svago. Senza aver bisogno di uno spazio dedicato, né un contesto preparatorio, le famiglie cristiane sono libere di esprimere la loro appartenenza a Cristo attraverso tutto il bagaglio tipico della loro esperienza vissuta. Un campo infinito in cui mettersi a servizio del Signore nella fraternità degli uomini.
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