Gigliola Alfaro
Con lo slogan “Contagia la solidarietà per porre fine alla fame”, Manos Unidas, l’organizzazione della Chiesa cattolica in Spagna per la lotta contro la povertà che soffrono i Paesi più poveri del mondo, lancia la sua campagna contro la fame per il 2021. A livello nazionale, sono due le date che segnano l’avvio della 62ª campagna della ong: venerdì 12 febbraio Giorno del digiuno volontario e domenica 14 Giornata nazionale di Manos Unidas, con la colletta per l’iniziativa contro la fame nel mondo.
“Il mondo ha superato i cento milioni di contagi per il coronavirus, ma ci sono cifre ancora più terribili: quest’anno oltre 800 milioni di persone soffriranno la fame nel mondo e 1.300 milioni (dei quali l’84,5% vivono nell’Asia del Sud e nell’Africa subsahariana) sono già colpiti dalla povertà a cui se ne potrebbero aggiungere altri 500 per la pandemia”, evidenzia Manos Unidas, che nella sua 62ª campagna denuncia le conseguenze che il Covid-19 sta avendo sulle persone più vulnerabili del pianeta e chiede di
promuovere la solidarietà tra esseri umani “come unica forma per combattere la pandemia della disuguaglianza”,
aggravata dalla crisi sanitaria mondiale, che colpisce centinaia di milioni di persone nel mondo con la fame e la povertà. Nel 2021 Manos Unidas riafferma, con “maggiore fermezza”, “la dignità di tutti gli esseri umani e i loro diritti”, “la necessità di generare nuovi stili di vita più solidali”, “l’urgenza, a partire dalla politica e dall’economia, di creare condizioni di vita più umane, centrate sulla dignità di ciascuna persona e sul bene comune”.“Quest’anno aumentino i contagi della solidarietà e non quelli che portano malattia e morte”, l’auspicio espresso dalla ong che sottolinea come “l’attuale crisi sanitaria stia relegando nell’oblio le altre pandemie, aggravate ancor di più dalla crisi del coronavirus, che minacciano la vita di centinaia di milioni di persone e contro le quali non esistono vaccini: fame, povertà e disuguaglianza”.
Clara Pardo, presidente di Manos Unidas, durante la presentazione della campagna 2021, ha fatto riferimento alla vulnerabilità di tutte le società, ricche e povere, di fronte all’arrivo del coronavirus. “A poco sono serviti i nostri muri e frontiere, implacabili di fronte a quelle che sono considerate minacce al nostro benessere, ma assolutamente permeabili a una minaccia microscopica che, in qualche modo, ci ha resi consapevoli della nostra vulnerabilità. E dico questo, perché, sebbene la pandemia indichi il contrario,
il nostro villaggio globale oggi sembra più diviso che mai tra il ricco Nord e il Sud impoverito”,
ha sostenuto Pardo. Per la presidente di Manos Unidas, è inaccettabile che la crisi sanitaria che stiamo affrontando, senza precedenti nell’ultimo secolo, “stia relegando nell’oblio altre crisi ed emergenze che uccidono e provocano più stragi del virus e che mai nessuno sembra ricordare: fame e povertà”. Emergenze che, a suo avviso, “derivano dalla pandemia più dolorosa e vergognosa che gli esseri umani devono affrontare: quella della disuguaglianza”.“Nei Paesi in cui lavora Manos Unidas, la pandemia di coronavirus sta avendo un impatto brutale, da cui sarà molto difficile riprendersi per lungo tempo. Si parla già di decenni di battuta d’arresto nei piani di sviluppo”, la denuncia di Pardo.Con la campagna “Contagia la solidarietà per porre fine alla fame” la ong vuole “contagiare la speranza perché la speranza è il motore che ci spinge a lavorare ogni giorno”.
Durante la presentazione della campagna ci sono state due testimonianze di progetti a cui partecipa Manos Unidas. “Speranza e solidarietà” sono quello che muove ogni giorno il progetto “Kuchinate”, una iniziativa nata a Israele, a sostegno di donne eritree che fuggono dal loro Paese in cerca di una vita migliore e si scontrano con le rigide politiche israeliane sull’immigrazione. Alicia Vacas, responsabile delle Missionarie comboniane per il Medio Oriente e l’Asia, conosce bene il dramma di queste donne “non riconosciute come rifugiate e condannate all’emarginazione”.Iniziato con l’accoglienza e l’integrazione di una ventina di donne “ferite” da parte di una rete di volontari, oggi “Kuchinate, che in lingua tigrina – che si parla in Eritrea – significa unicinetto, è un progetto psicosociale che aiuta oltre 300 donne vittime della tratta e i loro figli”, ha spiegato la missionaria.Ai traumi del passato si aggiungono le difficoltà incontrate in Israele ma la loro sofferenza ha prodotto una catena di solidarietà e “in questo tsunami di solidarietà Manos Unidas prende parte”.
La seconda testimonianza è venuta da Raquel Reynoso, presidente dell’associazione Ser (Servizi educativi rurali), che insieme a Manos Unodas lavora per la promozione dei diritti umani tra la popolazione indigena – soprattutto donne contadine – di Ayacucho (Perù), dove la pandemia ha aggravato le condizioni di vita della gente, visto che sono luoghi con famiglie con non hanno accesso all’acqua e alla luce. Ayacucho è una delle zone che ha sofferto di più già per il conflitto armato interno al Perù, con circa 69mila morti, e che ora è stata duramente colpita dalla pandemia. E le donne, vittime di stupri e sterilizzazioni forzate, sono quelle che hanno sofferto di più per il conflitto e che oggi continuano a soffrire.“Con l’aiuto di Manos Unidas, l’Associazione Ser ha realizzato progetti per l’accesso all’acqua potabile e l’igiene delle popolazioni delle aree rurali, oltre a svolgere molteplici attività di formazione per le donne insegnando quali sono i loro diritti, come possono occupare ruoli nelle loro comunità, quali diritti collettivi permettano loro di difendere i loro territori”, ha chiarito Reynoso, secondo la quale “il lavoro di Manos Unidas è fondamentale in questo percorso e funziona molto bene perché basato sulla solidarietà”.
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