In Iraq c’è solo, oramai, un “piccolo gregge”, un “piccolo resto” dopo la fuga di molti cristiani dovuta alle crudeltà e alle uccisioni dello stato islamico del Daesh. Questo piccolo gregge merita l’invito di Gesù a non temere “perché al Padre è piaciuto dare a voi il Regno”, come dice Luca 12, 35. Questo è il messaggio di papa Francesco ai cristiani della piana di Ninive: perdono e unità con tutti. Quella Chiesa martoriata ora si manifesta come una minoranza profetica. Il Papa ha, contestualmente, aperto un nuovo fronte di pace. Dopo aver firmato con l’Imam Ahmad al-Tayyeb sunnita il “Documento sulla fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune”, ha incontrato l’ayatollah Ali al-Sistani sciita.

La sua insistenza nei confronti dell’Islam evidenzia che, al di là di frange violente e fondamentaliste minoritarie, il popolo islamico è per la pace. Nei suoi viaggi apostolici, il Papa si porta nei luoghi di confine fra pace e belligeranza, va a confermare i leader che riconosce come fratelli, per amplificare il loro magistero. Invita a questo i cristiani di quelle terre martoriate, minoranze profetiche, indicando il cammino dei profeti che proclamavano riconciliazione, pace, giustizia e diritto. Evidenzia la fede di questi leader nel valore teologico della pace, un valore che diventa morale ed etico. Tutto questo diventa anche una chiara indicazione ai responsabili delle istituzioni mondiali e delle politiche internazionali, attualmente muti al riguardo; pur non riducendosi solo a questo. Le sue scelte e i suoi gesti sono dovuti alla fede nel Vangelo inclusivo di Gesù Cristo. I suoi viaggi esprimono la volontà di aprire un dialogo con tutte le fedi: il Papa è sicuro che in nessun modo chi ascolta Dio, in qualsiasi modo egli abbia parlato alle coscienze delle persone, sia propenso alla violenza, al sopruso e alla guerra. Dio si rivolge sempre ad ogni uomo, anche quando viene ignorato o rifiutato. I suoi segni sono in ogni coscienza, che non è solo di tipo morale, anzi, è “il sacrario dell’uomo, dove egli è solo con Dio, la cui voce risuona nell’intimità”. Questo indica una coscienza teologica, luogo in cui Dio parla all’uomo. Tutti noi cristiani ormai siamo chiamati ad essere, analogamente ai fratelli dell’Iraq e in comunione di fede e di opere con loro, una minoranza in un mondo secolarizzato; una minoranza forse più convinta e decisa di prima, ma pur sempre una minoranza. In questa fase storica siamo chiamati a testimoniare il Vangelo come lievito nella massa e nella vita dei popoli. (direttore “Il Momento” Forlì)

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