“L’ennesima tragedia del mare ci conferma che in assenza di vie legali e sicure, che garantiscano la protezione umanitaria a profughi e rifugiati, l’Europa paga un altissimo prezzo mortale assistendo inerme a una serie di stragi annunciate. L’alternativa alle morti in mare esiste e sono i corridoi umanitari e ogni altra via legale che tuteli i richiedenti asilo”. Lo dice al Sir Paolo Naso, coordinatore di Mediterranean Hope, programma per migranti e rifugiati della Federazione delle Chiese evangeliche in Italia, attivo a Lampedusa con una propria base, in riferimento alla notizia del naufragio che si è verificato ieri pomeriggio nel Mediterraneo in cui avrebbero perso la vita 120 migranti. “Questa idea ha trovato applicazione in Italia, ma ancora non è una policy europea”, osserva Naso. Che lancia un appello ai partner europei per “una campagna insieme per rilanciare l’idea di corridoi umanitari europei”. “Al tempo stesso non possiamo aspettare i tempi della politica europea e dobbiamo tutelare ogni azione di soccorso in mare e chiedere che, oltre a riconoscere e sostenere il lavoro delle ong che operano in questa direzione, il governo italiano dovrebbe farsi carico di operazioni di monitoraggio e soccorso”.
Quando si verificano tragedie di questo genere, la reazione degli operatori di Mediterranean Hope a Lampedusa è “non solo di ovvio cordoglio per le vittime ma anche di eccezionale frustrazione”, “perché si aspetta una nave o un mezzo di soccorso che non arriverà mai. E, se arrivano, sono carichi di cadaveri”. “Per questo, è importante presidiare un posto come Lampedusa e farne un luogo europeo, non soltanto di memoria dei morti in mare, ma anche di monito sull’urgenza di nuove politiche di gestione dei flussi migratori”.

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