“Crimini contro l’umanità”: così padre Giovanni Scalese, sacerdote barnabita, responsabile della Missio sui iuris in Afghanistan, condanna l’attentato avvenuto sabato all’esterno di una scuola per ragazze a Kabul, che ha provocato oltre 50 vittime e più di 100 feriti, in gran parte giovani studentesse. Si tratta dell’attentato più sanguinoso dell’ultimo anno e che segna l’inizio del ritiro degli ultimi 2.500 soldati americani nel Paese. Al momento non ci sono rivendicazioni ufficiali: secondo le autorità afgane la responsabilità del gesto sarebbe da attribuire ai talebani che, a loro volta, hanno condannato l’attacco. I media locali parlano anche di un possibile coinvolgimento dell’Isis-Khorasan. “Attentati di questo genere, il cui obiettivo intenzionale sono civili inermi, oltretutto, in gran parte, minorenni – dichiara al Sir il sacerdote – non sono altro che crimini contro l’umanità, che non trovano alcuna giustificazione né politica né militare né, tanto meno, religiosa. Che non possa essere la religione a ispirare questo brutale delitto lo dimostra il fatto che esso è stato compiuto durante il mese di Ramadan”. “Tale atto – conclude padre Scalese – grida vendetta al cospetto di Dio. Chi lo ha concepito e organizzato certamente non teme Dio, ma deve ricordare che, se anche non verrà condannato da un tribunale umano, un giorno comparirà dinanzi al tribunale di Dio, a cui dovrà rendere conto di tanta efferatezza”. Dell’attentato ha parlato anche Papa Francesco, ieri, al termine del Regina Caeli in piazza San Pietro: “Preghiamo per le vittime dell’attentato terroristico a Kabul, un’azione disumana che ha colpito tante ragazze mentre uscivano da scuola, Dio doni pace all’Afghanistan”. Pace che sembra allontanarsi sempre di più: è di questa mattina la notizia della morte di almeno 11 persone e il ferimento di altre 28 – nella notte in Afghanistan – a causa dell’esplosione di un ordigno sul ciglio della strada che ha investito un autobus. L’attacco nella provincia di Zabul è avvenuto poche ore prima che i talebani proclamassero una tregua di tre giorni in occasione di Eid al-Fitr, la festività che segna questa settimana la fine del Ramadan.

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