La natalità è “un tema urgente, basilare per invertire la tendenza e rimettere in moto l’Italia”. Perché “senza natalità non c’è futuro”. Il Papa ha aperto la prima edizione degli Stati Generali della Natalità, iniziativa on line promosso dal Forum delle associazioni familiari, con un discorso ampio e declinato a 360 gradi, lungamente applaudito dai presenti all’Auditorium della Conciliazione di Roma. “I sogni di vita dei giovani – il primo dato messo in evidenza dal Santo Padre, che ha ringraziato a braccio il presidente Mario Draghi “per le sue parole chiare e speranzose” – si scontrano con un inverno demografico ancora freddo e buio: solo la metà dei giovani crede di riuscire ad avere due figli nel corso della vita”.
“L’Italia si trova da anni con il numero più basso di nascite in Europa”,
lo scenario attuale, all’interno del quale il nostro Paese – come ha ricordato anche Draghi nel discorso che ha preceduto quello del Papa – nel 2020 ha toccato il numero più basso di nascite dall’unità nazionale, e non solo per il Covid. “Eppure tutto ciò non sembra aver ancora attirato l’attenzione generale”, il grido d’allarme di Francesco, che citando il presidente Mattarella ha ricordato che “le famiglie non sono il tessuto connettivo dell’Italia, le famiglie sono l’Italia”. Perché il futuro sia buono, allora, “occorre prendersi cura delle famiglie, in particolare di quelle giovani, assalite da preoccupazioni che rischiano di paralizzarne i progetti di vita”, a causa dell’incertezza del lavoro e del timore di non poter sostenere economicamente i costi dei figli.
“Penso anche, con tristezza, alle donne che sul lavoro vengono scoraggiate ad avere figli o devono nascondere la pancia”, la denuncia: “Com’è possibile che una donna debba provare vergogna per il dono più bello che la vita può offrire?”, l’obiezione del Papa:
“non la donna, ma la società deve vergognarsi, perché una società che non accoglie la vita smette di vivere.
Bene, allora, a misure come l’assegno unico e universale per ogni figlio che nasce, a patto però che “segni l’avvio di riforme sociali che mettano al centro i figli e le famiglie.
Se le famiglie non sono al centro del presente, non ci sarà futuro; ma se le famiglie ripartono, tutto riparte”.
“Dobbiamo mettere prima i figli se vogliamo rivedere la luce dopo il lungo inverno”, l’appello, altrimenti “tutto finisce con noi”. “Dove ci sono più cose, spesso c’è più indifferenza e meno solidarietà, più chiusura e meno generosità”: nella società consumistica, bisogna “ritrovare il coraggio di donare, il coraggio di scegliere la vita”.
“Dov’è il nostro tesoro, il tesoro della nostra società? Nei figli o nelle finanze? Che cosa ci attrae, la famiglia o il fatturato?”,
le domande impellenti di Francesco. È la “sostenibilità” la “parola-chiave per costruire un mondo migliore”: non solo economica, tecnologica e ambientale, ma anche “sostenibilità generazionale”. In una situazione di ripartenza simile alle fasi di ricostruzione seguite alle guerre, “non possiamo seguire modelli miopi di crescita”: “le cifre drammatiche delle nascite e quelle spaventose della pandemia chiedono cambiamento e responsabilità”. Oltre al ruolo primario della famiglia per il Papa è fondamentale la scuola, che “non può essere una fabbrica di nozioni”, ma l’occasione per i giovani di “venire in contatto con modelli alti, che formino i cuori oltre che le menti”. Perché
“i giovani non crescono grazie ai fuochi d’artificio dell’apparenza, e mantenersi giovani non viene dal farsi selfie e ritocchi, ma dal potersi specchiare un giorno negli occhi dei propri figli.
A volte, invece, passa il messaggio che realizzarsi significhi fare soldi e successo, mentre i figli sembrano quasi un diversivo, che non deve ostacolare le proprie aspirazioni personali. Questa mentalità è una cancrena per la società e rende insostenibile il futuro”.
“Non si può restare nell’ambito dell’emergenza e del provvisorio, è necessario dare stabilità alle strutture di sostegno alle famiglie e di aiuto alle nascite”.
È l’imperativo contenuto nell’ultima parte del discorso del Papa. “Come c’è bisogno di una sostenibilità generazionale, così occorre una solidarietà strutturale”, ma per rendere la solidarietà strutturale “sono indispensabili una politica, un’economia, un’informazione e una cultura che promuovano coraggiosamente la natalità”. In primo luogo, l’indicazione di rotta,
“occorrono politiche familiari di ampio respiro, lungimiranti: non basate sulla ricerca del consenso immediato, ma sulla crescita del bene comune a lungo termine. Qui sta la differenza tra il gestire la cosa pubblica e l’essere buoni politici”.
“Urge offrire ai giovani garanzie di un impiego sufficientemente stabile, sicurezze per la casa, attrattive per non lasciare il Paese”, ha proseguito Francesco: “come sarebbe bello veder crescere il numero di imprenditori e aziende che, oltre a produrre utili, promuovano vite, che siano attenti a non sfruttare mai le persone con condizioni e orari insostenibili, che giungano a distribuire parte dei ricavi ai lavoratori, nell’ottica di contribuire a uno sviluppo impagabile, quello delle famiglie! È una sfida non solo per l’Italia”.
Serve, infine “un’informazione formato-famiglia”, dove “si parli degli altri con rispetto e delicatezza, come se fossero propri parenti. E che al tempo stesso porti alla luce gli interessi e le trame che danneggiano il bene comune, le manovre che girano attorno al denaro, sacrificando le famiglie e le persone. Vanno di moda colpi di scena e parole forti, ma il criterio per formare informando non è l’audience, non è la polemica, è la crescita umana”.
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