Di don Vincenzo Catani
CASTIGNANO – Ormai la stampa nazionale, tranne il giornale della CEI, non racconta più agli Italiani le storie tragiche dei profughi che cercano una nuova patria in Europa. Sarebbero storie troppo strappalacrime e non sono accette in questo tempo di pandemia.
Eppure come si fa a tacere di fronte alla storia di un bambino di sette anni nascosto in un Tir in sosta a metà giugno sulla A13 tra Padova e Bologna, e trovato per caso insieme ad altri otto minorenni e quattro adulti che venivano dall’Afghanistan?
Sotto il sole bollente e afoso di giugno, insieme agli altri, doveva stare al buio e in assoluto silenzio, senza un minimo movimento, per non dare sospetti ad eventuali controlli. Era all’estremo, affamato e assetato, collocato in uno stretto spazio ricavato nel fondo del camion. Chissà cosa avrà sognato quel bambino quando, stanco, si addormentava durante quel lungo viaggio dall’Afghanistan fino alla Turchia, dalla Turchia alla Serbia e dalla Serbia fino alla pianura padana di un paese ancora mai visto. Chissà se gli venivano in mente le corse lungo le strade polverose del suo villaggio, l’acqua fresca della fontana vicino casa, i volti degli amici e delle amiche con cui giocare e soprattutto l’ultimo abbraccio della madre e del padre al momento della partenza. Possiamo solo immaginare il calvario di quell’anonimo bimbo afghano, recluso nel buio e nel tanfo del sudore e la pipì da fare nella bottiglietta vuota dell’acqua, con l’aria rarefatta, l’ammassamento stretto dei corpi, gli sballottamenti del pesante mezzo, il continuo rumore del motore, la fame e la sete. E aspettare la notte per scendere in un luogo lontano dalle abitazioni, per respirare profondamente e guardare le stelle mentre si mangiava un pane che sapeva di nostalgia di casa. I nostri bambini di quella età hanno appena frequentato la prima elementare e in questi giorni stanno vivendo la loro estate di vacanze. Tutti i bambini del mondo hanno gli stessi occhi profondi che sanno di stupore e la stessa voglia di scoprire la vita. Cambia solo la fortuna di nascere in luoghi diversi.
La notizia è sui giornali in ultima pagina, perché nella prima vi sono le interminabili manfrine della politica italiana e la coppa Europa. E il tutto viene rimosso velocemente, come una storia di poca importanza, subito affogata nel mare profondo della distrazione. Ma a quel bambino afghano anonimo io vorrei dare un nome: Gesù, perché anche quest’ultimo è dovuto fuggire da piccolo verso un paese straniero, profugo anch’egli in cerca di una terra. Se non piangiamo per questo bimbo afghano è inutile commuoversi per quell’altro Bimbo.
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