DIOCESI – Lectio delle Sorelle Clarisse del monastero Santa Speranza di San Benedetto del Tronto.

Ancora la folla protagonista della Parola di questa domenica. Una folla che, costantemente segue Gesù, sulle rive del lago di Tiberiade (domenica scorsa), fin sul monte (oggi).
Gesù è seduto e, leggiamo nel Vangelo, «… alzati gli occhi, vide che una grande folla veniva da lui…». Potrebbe sembrare un dettaglio di poco conto, ma non lo è. La Parola vuole sottolineare che non si tira indietro, non fa finta di nulla davanti a tanti uomini e donne che non lo mollano di un passo. Gesù vede il bisogno profondo di tutti loro, sa leggere desideri, necessità, incertezze. Vede e non passa oltre. Ed è proprio di fronte a quella folla e per quella folla che Gesù chiama in causa gli apostoli. Fa una domanda, apparentemente molto pertinente e concreta, ma, in realtà, provocatoria.
«Dove potremo comprare il pane perché costoro abbiano da mangiare?». L’apostolo Filippo risponde: «Duecento denari di pane non sono sufficienti neppure perché ognuno possa riceverne un pezzo». Filippo è caduto nel tranello di Gesù, infatti le sue parole, la sua risposta sono segno evidente del rischio di perderci nei calcoli matematici delle possibilità e delle probabilità, della convenienza e delle opportunità, e di smarrirci di fronte alla sproporzione tra la realtà grande dei problemi e le nostre minime possibilità di porvi rimedio.
Gesù vuole farci fare un salto di qualità: per questo non compie alcun miracolo, non fa comparire all’istante e magicamente quanto necessario a sfamare quella gente. Egli non può e non vuole compiere alcun miracolo senza il nostro aiuto, senza il nostro intervento, senza che mettiamo in gioco la nostra responsabilità, le nostre capacità, le nostre risorse, senza la nostra presa di coscienza che siamo noi i protagonisti della nostra storia.
«C’è qui un ragazzo che ha cinque pani d’orzo e due pesci; ma che cos’è questo per tanta gente?». Cosa sono effettivamente cinque pani e due pesci di fronte a «circa cinquemila uomini»? E’ la stessa domanda che, con perplessità, il servitore di Eliseo, nella prima lettura, rivolge al profeta: come posso mettere venti pani d’orzo e grano novello davanti a cento persone? Vale a dire per noi, oggi: che cosa può fare, significare il piccolo che siamo, il poco che abbiamo di fronte all’enormità dei bisogni, delle mancanze che il mondo ci pone davanti?
Gesù non chiede a Filippo di trovare tutti i soldi necessari per comprare tanto cibo, anche perché non ci sarebbe mai riuscito e, comunque, non avrebbe di sicuro trovato altre soluzioni…con il risultato che la gente sarebbe rimasta affamata.
E’ quel poco di pane e di pesce che io posso offrire e condividere che danno a Gesù la possibilità di compiere il miracolo: il prodigio non è tanto quello della moltiplicazione quanto la condivisione, il dono, il non possedere per sé, il dare quello che abbiamo e siamo anche se, apparentemente, ci sembra inadeguato, inadatto, insufficiente, inappropriato.
«…e riempirono dodici canestri con i pezzi dei cinque pani d’orzo, avanzati a coloro che avevano mangiato». La condivisione genera abbondanza senza limiti, essa è il contributo necessario ed essenziale che ciascuno di noi può dare alla porzione di vita, di storia, di umanità che il Signore ci chiama a vivere. E’ la condivisione la migliore preghiera che possiamo rivolgere al Padre e con la quale, come il salmista, chiediamo a Lui: «Apri la tua mano, Signore, e sazia ogni vivente».

Entra a far parte della Community de L'Ancora (clicca qui) attraverso la quale potrai ricevere le notizie più importanti ed essere aggiornati, in tempo reale, sui prossimi appuntamenti che ti aspettano in Diocesi.

0 commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *