di Giovanna Pasqualin Traversa

Una “mappa” del medico virtuoso, tracciata attraverso le sue principali caratteristiche: “fedeltà alla promessa fatta, benevolenza, cancellazione del proprio interesse, compassione e cura, onestà intellettuale, giustizia, prudenza”. A disegnarla è questa mattina a Roma padre Gonzalo Miranda, decano della Facoltà di bioetica (l’unica al mondo) dell’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum (www.upra.org), nel primo intervento del convegno di studio sull’etica medica e la bioetica, in preparazione alla III Marcia nazionale per la vita che si terrà domani nella capitale. Tema della sessione mattutina: “Medici fino in fondo. Il buon medico nei casi eticamente sensibili”.

Un medico “virtuoso”. Per Miranda, il medico “è il professionista della salute e della vita. Nessuna professione è legata così strettamente alla vita umana, alla sua promozione e al suo rispetto”. Eppure, l’iperspecializzazione e la progressiva “e sempre più invasiva ‘tecnicizzazione’ della medicina”, unite a “fattori culturali e quasi ideologici”, causano un “impoverimento del senso vocazionale della professione medica” e del rapporto interpersonale medico-paziente. Un quadro aggravato dal processo di secolarizzazione che fa venir meno la convinzione di essere tutti figli di un unico Padre che ama, e perciò fratelli, ma fa ritenere di essere tutt’al più “membri della stessa specie”. Di qui, secondo Miranda, il successo della bioetica cosiddetta “principialista” che “semplifica l’analisi delle questioni complesse che l’etica medica deve affrontare”, e risponde alla mentalità diffusa per la quale “ciò che conta è applicare una serie di principi, criteri e protocolli” in base a quattro regole condivise: “rispettare le decisioni autonome del paziente, non fargli del male, eventualmente rendergli un beneficio medico, agire con giustizia e senza discriminazioni”. Un’impostazione “fredda, quasi meccanica”, contro la quale il medico-umanista americano Edmund Pellegrino, uno dei grandi pionieri della bioetica, ha proposto la cosiddetta “Bioetica delle virtù”. Da Miranda l’esortazione a lavorare “affinché i medici e tutti gli operatori della salute recuperino quel senso vocazionale in base al quale porsi veramente al servizio della vita e della salute dei pazienti” con rispetto, generosità e dedizione. In fondo, conclude, ne va di mezzo “il bene di tutta la società”, che anche da questo verrebbe resa “più umana, rispettosa e nobile”.

La marcia e la campagna a difesa della vita. Il convegno è previo alla marcia per la vita in programma domani mattina a Roma (partenza alle 9.30 dal Colosseo con arrivo alle 11.30 a Castel Sant’Angelo – www.marciaperlavita.it) per ribadire, spiega al Sir uno dei promotori, Francesco Agnoli, “il legame tra fede e vita, e tra ragione, verità e diritto; ricordarci che la vita è un dono di cui non siamo i padroni; dare voce a chi già esiste ma ne è privo, come il bambino concepito e non ancora nato”. “Si scende in piazza in modo rigorosamente apartitico, credenti e non credenti – prosegue – per dire che la vita è sacra. Sentiamo il dovere di testimoniarlo per tentare di risvegliare tante coscienze, spesso addormentate dal relativismo che uccide il senso morale negando Dio, il valore della persona umana e della sua dignità. Una cultura che porta a minare l’ordine naturale e tenta di scardinare la famiglia”. Per questo, avverte Agnoli, “serve una nuova cultura della vita”. Sempre il 12 maggio, stesso giorno della marcia, si terrà la giornata di sensibilizzazione e raccolta firme per la campagna “Uno di noi” a difesa dell’embrione. “Una bella coincidenza – commenta -. Dire che l’embrione è ‘uno di noi’ è un buon messaggio da lanciare a tutti. Mi piace molto il logo della campagna: esprime il fatto che tra l’embrione e l’adulto non c’è soluzione di continuità, non c’è differenza di sostanza”. Per questo, conclude, al convegno appena iniziato “si parlerà anche di ‘Uno di noi’ e si terrà una raccolta di firme. Sottoscrivere che l’embrione è uno di noi può spingere le persone a farsi domande, ad approfondire, a capire. Così anche la marcia: chi la vedrà, anche da fuori, magari si chiederà: per i diritti di chi manifestano quelli? Non certo per i loro …”.

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