Michele Luppi
“La Bibbia nella Selva” è il riuscito titolo di un incontro, sospeso tra poesia e teologia, che ha provato – senza pretese di esaustività – ad indagare la stretta connessione tra la Divina Commedia e i testi sacri. Ad organizzarlo, nell’anno delle grandi celebrazioni per i 700 anni dalla scomparsa di Dante Alighieri, è stata l’Associazione culturale Synesio, che, con il patrocinio della Società Dantesca Italiana e il supporto dell’Arcidiocesi di Milano, della Biblioteca Ambrosiana, della Fondazione La Vincenziana e della Fom, ha riunito al Teatro Carcano, lo scorso 26 ottobre, il critico letterario Pietro Boitani, insignito nel 2016 del premio Balzan, il biblista Luciano Manicardi, priore della Comunità di Bose, e Marco Martinelli, che con il Teatro delle Albe, insieme a Emma Montanari, si è reso protagonista di un’originale esplorazione popolare del capolavoro dantesco portato con successo nelle piazze del mondo, da Ravenna a Matera, passando per Scampia e Nairobi. A dialogare con loro il giornalista Alessandro Zaccuri.
Quello di Milano non è stato un incontro isolato ma il coronamento di una serie di appuntamenti online promossi nei mesi scorsi dalla stessa Associazione culturale Synesio e seguiti da molti insegnanti e da migliaia di studenti in tutta Italia con l’intento di approfondire e scandagliare il rapporto tra la Scrittura e il poema “sacro”.Del resto, come ha ricordato in apertura di serata lo stesso Manicardi “nessun linguaggio è a Dante più familiare della Sacra Scrittura”. A dirlo non sono solo il migliaio di richiami alla Bibbia presenti nella Commedia – citazioni del testo nella Vulgata latina, evocazione di personaggi ed i episodi biblici o semplici allusioni – maè un generale “eco” del testo sacro a risuonare ovunque, nel profondo dell’Inferno come sulle balze del Purgatorio, nella grandiosa scena storico-liturgica che prende corpo nell’Eden come nel vertiginoso volo verso il Paradiso.
Ma non si tratta semplicemente di rimandi o del frutto di un immaginario, quello religioso, pervasivamente presente nella Divina Commedia; l’autore si spinge oltre, come ha sottolineato Pietro Boitani: “Dante è un uomo ambizioso che non si limita a citare ma arriva a creare una sua teologia che ha la pretesa di spiegare e approfondire quello che raccontano le Scritture. L’esempio migliore è nel 29esimo canto del Paradiso in cui Dante spiega la creazione”.
“Fin dai primi versi (“Nel mezzo del cammin di nostra vita ..”. richiamo al Salmo 90,10) – ha precisato Manicardi –Dante vuole presentarci il suo come un sacro poema che si pone in linea di continuità con la Bibbia stessa guidando il lettore in un cammino di conversione dall’Inferno al Paradiso.Un testo che, proprio come le Scritture, presenta i quattro livelli di interpretazione che evocano la dottrina medioevale dei quattro sensi: letterale, spirituale, morale ed escatologico”.
Particolarmente forte è anche il legame di Dante con i salmi e in particolare con il Salmo 51 (50) il “Miserere mei Deus”, il grido del peccatore pentito, che viene richiamato in tutte tre le cantiche.
La profondità di questo orizzonte ha trovato corpo, nel corso della serata, grazie alle parole di Dante declamate dalla voce di Marco Martinelli che ha letto alcuni brani del capolavoro dantesco: il canto 33 dell’Inferno, il canto 30 del Purgatorio per concludere con alcuni versi del Paradiso.
Un legame, quello tra Dante e la Bibbia, tra poesia e teologia, su cui si è soffermato in chiusura di serata anche l’arcivescovo di Milano, Mario Delpini, che si è dettostupito dalla capacità di Dante di “conoscere tutte le tradizioni culturali del suo tempo (greca, latina, ebraica) e di saperle comporre in un percorso spirituale”.
“Tra queste – ha precisato Delpini – un posto speciale è riservato alla sapienza biblica come richiamo alla gioia che viene dalla verità, dalla conoscenza del significato delle cose e dalla verità di Dio”.
0 commenti