Daniele Rocchi
Nessuno ormai fa più caso all’assenza di luci e di decorazioni natalizie all’esterno della chiesa. La sparuta comunità ecclesiale dei tre villaggi ‘cristiani’ di Knayeh e Yacobieh e Gidaideh, nella provincia di Idlib, vicino al confine turco nella Siria occidentale, l’unica area controllata dai gruppi jihadisti oppositori al regime del presidente Assad, da anni vive la propria fede all’interno della chiesa del convento di san Giuseppe, a Knaye, raccolta intorno al parroco, il francescano della Custodia di Terra Santa, padre Hanna Jallouf e al suo confratello, padre Luai Bsharat. “In questa provincia – racconta al Sir padre Hanna – siamo rimasti solo noi due frati, tutti gli altri religiosi e sacerdoti sono andati via quando sono arrivate le milizie islamiste”.
Presenza cristiana a rischio. In padre Hanna è ancora vivo il ricordo del suo sequestro, avvenuto nell’ottobre 2014 proprio nel villaggio di Knaye, rapito con altri venti cristiani da una banda armata di jihadisti di Jabhat al-Nusra e liberato dopo qualche giorno. Nell’area gli islamisti – che durante la guerra hanno cambiato la loro denominazione in Hayat Tahrir al-Sham – hanno imposto la sharia (la legge islamica) ai non musulmani, le donne sono costrette a portare il velo, e aggiunge il francescano, “hanno anche cominciato la confisca delle proprietà dei cristiani. In pratica ci viene impedito di vendere le nostre proprietà ad altri cristiani. Possiamo invece venderle ai musulmani. Così facendo un padre di famiglia di fede cristiana non può trasferire i suoi beni ai propri figli. E con questa politica fra pochi anni non ci saranno più proprietà cristiane”. Nel frattempo, ricorda padre Hanna, al quale è vietato di indossare il saio all’esterno della chiesa, “non si può né entrare né uscire dalla provincia di Idlib, le strade sono bloccate. La povertà aumenta ogni giorno di più a causa del carovita. Anche i beni di prima necessità scarseggiano. Così i poveri diventano sempre più poveri.
Le uniche cose che non mancano sono le armi che fanno sentire la loro voce,
perché in questa area ancora si combatte, da una parte le milizie del fronte Hayat Tahrir al-Sham – affiliato ad Al-Qaeda – e dall’altra, a 70 km. di distanza l’esercito del presidente Assad”. In mezzo milioni di persone, tra abitanti e sfollati interni, che aspettano invano la fine delle ostilità per tornare nei loro villaggi, ricostruire le case distrutte dalle bombe e ripartire con una vita più dignitosa. In Siria, dopo 10 anni di conflitto, sono oltre 13 milioni le persone in fuga. Circa 6,7 milioni sono sfollati interni e i restanti hanno trovato rifugio in altri Paesi. “In questa provincia – racconta il francescano – ci sono ancora sfollati che vivono in tenda. Povera gente costretta al freddo e alle intemperie che riesce ad andare avanti con enormi difficoltà solo grazie a qualche aiuto umanitario. Anche noi cerchiamo di fare il possibile, per quanto è nelle nostre poche possibilità. Ci reputiamo fortunati ad avere ancora una casa, sperando che non ce la portino via. Noi cristiani dobbiamo dire grazie alla Custodia di Terra Santa e alla sua ong, Pro Terra Sancta”.
Natale senza luci. Oggi nei tre villaggi dell’Oronte sono rimaste in tutto solo 210 famiglie cristiane per un totale di circa 600 persone di diverse confessioni, non solo cattolici, anche ortodossi, armeni e protestanti. Con loro padre Hanna e padre Luai celebreranno questo Natale “senza luci”, ma “con la Luce” quella “vera”, da scrivere con le lettere maiuscole, dice il frate con un tema di orgoglio. “La nostra Luce è Cristo” ribadisce padre Hanna che ricorda: “qui non siamo molto distanti da Antiochia, dove San Paolo ha iniziato i suoi viaggi, diffondendo la Parola di Dio e dove i discepoli di Cristo sono stati chiamati per la prima volta cristiani”.
“Sarà anche quest’anno un Natale senza luci, perché ci vietano di illuminare e decorare l’esterno della nostra chiesa, i nostri campanili non suoneranno a festa perché non hanno più campane, fatte tutte rimuovere, così come le croci, abbattute. Poveri fuori, ma ricchi dentro”, aggiunge padre Hanna.
“Svolgeremo tutte le nostre celebrazioni all’interno della chiesa dove abbiamo allestito un presepe e un piccolo albero”. A guardare il presepe balza agli occhi la grandezza del Bambino, le cui dimensioni sovrastano quelle di Maria e Giuseppe, come a dire che la sola presenza di Gesù riempie e illumina la grotta. “Gesù è il Salvatore che nasce – dice padre Hanna – e a Lui ci affidiamo per uscire fuori da questa guerra e dalla povertà in cui versa tutta la Siria”.
La piccola comunità cristiana è arrivata al Natale preparandosi con una serie di attività “condotte tutte rigorosamente dentro i locali parrocchiali. Abbiamo organizzato anche una mostra di oggetti realizzati dai nostri giovani durante le vacanze estive e fatto doni ai più piccoli, come dolci, vestiti e giocattoli, affinché sentano il clima della festa di Gesù e non quello della guerra che li ha visti nascere e crescere”. Ogni mattina alle 7.30, e il pomeriggio alle 15.30 i due frati hanno celebrato la Novena di Natale con le Confessioni. E come ormai accade da diversi anni a Knaye la Messa di Mezzanotte sarà celebrata al pomeriggio perché, dice padre Hanna, “farla di sera, al buio è pericoloso. Tra le altre cose, appena cala la notte, dobbiamo rientrare tutti perché c’è il coprifuoco”.
Natale e vaccini. All’appello di quest’anno, per il Natale, mancheranno quattro cristiani, morti per Covid. “La nostra comunità sta fronteggiando la pandemia – racconta il francescano -. Sono andato a parlare con chi, del fronte Hayat Tahrir al-Sham, gestisce la sanità in questa provincia riuscendo ad ottenere un numero sufficiente di vaccini per tutti. Così abbiamo ricevuto la seconda dose e adesso siamo più tranquilli”. “Ma non è stata una vera concessione” si affretta a dire padre Hanna, che rivela: “molti musulmani qui non vogliono fare il vaccino perché hanno paura che li renda sterili. Questo rifiuto ha fatto sì che avanzassero tante dosi di vaccino che abbiamo potuto così avere. Diversamente vengono vaccinati prima i musulmani e poi i cristiani e le altre minoranze”. “A Natale – conclude – saremo in comunione con tutta la Chiesa. Senza luci ma con la vera Luce. Pregheremo perché Gesù doni pace alla Siria e al suo popolo. La pace di questo Paese è nelle mani di Russia e Turchia, avremo pace quando si metteranno d’accordo. Dio illumini le loro menti e quelle dei potenti di turno”.
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