DIOCESI – Venerdì 31 dicembre il Vescovo Carlo Bresciani ha presieduto la Santa Messa per ringraziare Dio per tutti i beni che durante questo anno ha elargito ai suoi figli.
La liturgia, concelebrata dai sacerdoti della Cattedrale don Patrizio Spina, Vicario Generale e parroco, don Romualdo Scarponi e don Luciano Paci, parroci emeriti della Cattedrale, è stata animata dal maestro Massimo Malavolta.

Nella sua omelia, incentrata sull’importanza del ringraziamento e della gratitudine, il Vescovo Carlo ha affermato: “C’è una cosa che mi stupisce sempre molto: quanto noi esseri umani siamo poco inclini al ringraziamento, a riconoscere il debito che abbiamo verso coloro a cui la nostra vita deve molto. Spesso non ci viene spontaneo o ce ne dimentichiamo e i genitori devono a volte faticare a insegnare questo indispensabile atteggiamento ai loro figli. Eppure una vita non sarà mai felice senza vivere dentro di sé un tale atteggiamento.
Questa sera, celebrando la santa messa di fine anno, siamo portati a pensare al tempo che abbiamo vissuto nell’anno trascorso, e più ampiamente al tempo della nostra vita, ma rischiamo di dimenticarci da chi ci è stato donato. Nessuno di noi è padrone del tempo della propria vita: se ben riflettiamo, la vita è il primo grande dono che riceviamo e dal quale dipendono tutti gli altri doni. A chi dobbiamo gratitudine per questo dono? I genitori ci hanno dato la vita in questo mondo, ma il tempo della nostra vita non dipende da loro.
La prima gratitudine che dobbiamo a Dio è, quindi, per il tempo della vita che egli ci ha donato e continua a donarci. Forse non ci pensiamo molto, ma il dono del tempo è un grande e prezioso dono, dono assolutamente gratuito nel senso che non abbiamo fatto nulla per meritarcelo, possiamo solo viverlo in modo da non sprecarlo.
Questa sera vogliamo innanzitutto ringraziare Dio per il tempo della nostra vita e per quello della vita di coloro che ci sono cari. Ogni volta che al mattino ci svegliamo è una nuova benedizione di Dio. La gratitudine ci permette di vivere in pienezza una verità fondamentale: che siamo i beneficiari del dono della vita dal quale derivano tutti gli altri doni.
Che cosa renderemo al Signore per tutto quanto ci ha dato? Renderemo a lui lode e ricambieremo facendo della nostra vita un dono agli altri, donandola a nostra volta. Così renderemo fecondo per noi e per gli altri il dono che abbiamo ricevuto. La gratitudine è un sentimento e una disposizione d’animo che comporta affetto verso chi ci ha fatto del bene; è ricordarsi dei benefici ricevuti e desiderio di poterli ricambiare.
Ci capita spesso di comprendere la reale importanza di una cosa solo quando l’abbiamo persa, ma non altrettanto spesso di vivere nella gratitudine quando ne stiamo godendo. Abbiamo esperimentato questo durante la pandemia: non abbiamo mai sentito così tanto la preziosità della libertà di muoversi in sicurezza come in questa occasione nella quale stiamo stati costretti a limitazioni importanti. Quanto sarebbe fecondo fermarsi più spesso a considerare di quante benedizioni del Signore siamo circondati ogni giorno della nostra vita: sicuramente le sciuperemmo molto meno. Sono convinto che vivremmo meglio e più gioiosi e in pace con noi stessi e con gli altri, godremmo di quella pace che solo un cuore grato può avere. Colui che è incapace di gratitudine è destinato a una vita infelice.
Solo un cuore grato può accogliere e godere nel modo giusto ciò che desidera avere. Infatti, la mancanza di gratitudine induce un atteggiamento di negatività e di invincibile malcontento. Nella mancanza di gratitudine -scrivevo nella lettera pastorale dell’anno scorso 2020-2021- “può nascondersi un cuore superbo, quello di colui, che, chiuso in se stesso, si lascia guidare solo dalle pretese insaziabili del proprio desiderio; di colui che non sa accorgersi dell’altro e, in fondo, non sa apprezzare neppure ciò che gli viene dato: per questo non raramente si lamenta in continuazione”. In questi casi è il cuore che è malato!
Dicevo ancora: “L’incapacità di riconoscere quanto riceviamo dalla Chiesa, dalla famiglia, dalla società, dagli altri, e di sentirne gratitudine, ci rende dei perenni insoddisfatti di tutto, consumatori di ciò che ci viene dato senza capacità di gustarlo come dono. Ci toglie energie di futuro per la vita insieme, viene meno il senso di comunità e di solidarietà nella comunità. La gratitudine non arricchisce l’altro, ma noi stessi! Lo Spirito riporta al cuore quanto abbiamo ricevuto dalla Chiesa, ce la fa amare e riempie il cuore di gratitudine […] Senza cuore grato, nulla basta mai. Con cuore grato, nulla ci manca!” (Lettera pastorale 2020-2021)
Questo atteggiamento di gratitudine si trasforma in un ringraziamento a Dio per gli altri. L’apostolo Paolo viveva intensamente questa gratitudine: «Rendo grazie al mio Dio ogni volta che mi ricordo di voi» (Fil 1,3). «Rendo grazie continuamente al mio Dio per voi, a motivo della grazia di Dio che vi è stata data in Cristo Gesù» (1 Cor 1,4). È la gratitudine che sgorga da un cuore veramente attento agli altri, grato per il bene donato dagli altri e che è desideroso di compiere il bene e di condividere la vita con gli altri. Quanto dobbiamo imparare dall’apostolo!
Facciamo questa sera memoria del tanto bene ricevuto da loro e che è ancora parte importante della nostra vita. “Facciamo esperienza di un vivo senso di gratitudine per quella Chiesa che ci ha generato, gratitudine che ci dà pace al cuore, anche nelle fatiche del quotidiano. Manifestiamo la gratitudine per il ricevuto facendoci a nostra volta dono agli altri. Non c’è altra via verso la maturità personale e delle relazioni. Non c’è possibilità di unità tra le persone e tra le comunità se non su questa strada” (Lettera pastorale 2020-2021).
Mi pare questo un atteggiamento indispensabile affinché il cammino sinodale che la Chiesa ci chiede di intraprendere possa realizzarsi in un vero ed autentico camminare insieme, facendo tesoro dei doni che Dio ha elargito a ciascuno di noi.
Carissimi, auguro a tutti voi di gustare in abbondanza dei doni di Dio, mentre con sincerità questa sera rendiamo grazie a Dio per quelli che ci ha donato nell’anno che sta per chiudersi e invochiamo la sua benedizione per quello che sta per iniziare.
In ogni modo, siano sempre e in ogni luogo rese grazie a Lui. Buona conclusione dell’anno e un felice inizio di quello nuovo per tutti voi.

La liturgia è terminata con il canto del Te Deum:

Noi ti lodiamo, Dio *
ti proclamiamo  Signore.
O eterno Padre, *  
tutta la terra ti adora.
A te cantano gli angeli *
e tutte le potenze dei cieli:
Santo, Santo, Santo *  
il Signore Dio dell’universo.
I cieli e la terra *
sono pieni della tua gloria.
Ti acclama il coro degli apostoli *  
e la candida schiera dei martiri;
le voci dei profeti si uniscono nella tua lode; *
la santa Chiesa proclama la tua gloria,
adora il tuo unico figlio, *
e lo Spirito Santo Paraclito.
O Cristo, re della gloria, *
eterno Figlio del Padre,
tu nascesti dalla Vergine Madre *  
per la salvezza dell’uomo.
Vincitore della morte, *
hai aperto ai credenti il regno dei cieli.
Tu siedi alla destra di Dio, nella gloria del Padre. *
Verrai a giudicare il mondo alla fine dei tempi.
Soccorri i tuoi figli, Signore, *
che hai redento col tuo sangue prezioso.
Accoglici nella tua gloria *
nell’assemblea dei santi.
Salva il tuo popolo, Signore, *
guida e proteggi i tuoi figli.
Ogni giorno ti benediciamo, *
lodiamo il tuo nome per sempre.
Degnati oggi, Signore, *
di custodirci senza peccato. 
Sia sempre con noi la tua misericordia: *
in te abbiamo sperato.
Pietà di noi, Signore, *
pietà di noi.
Tu sei la nostra speranza, *
non saremo confusi in eterno.

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