Non cessano gli attacchi e i bombardamenti aerei in Myanmar. Ad essere colpita è anche la Chiesa del Sacro Cuore di Gesù a Doukhu dove ieri a seguito di un attacco aereo, è stato completamente distrutto uno dei due campanili. “Il rischio è molto grande. Siamo nel bel mezzo di un campo di battaglia”, racconta padre Francis Soe Naing, cancelliere della diocesi di Loikaw, che ieri mattina a corredo delle notizie, ha inviato anche una serie di foto che ritraggono i danni della Chiesa parrocchiale di Doukhu e la cattedrale di Cristo Re a Loikaw dove da giorni sono accolti circa 200 sfollati, la maggior parte dei quali sono donne, bambini, anziani e malati. “Loikaw è sotto attacco, colpita quasi ogni giorno da armi, bombardamenti aerei e da elicotteri”, racconta il sacerdote. “Le persone scappano alla ricerca di in un luogo sicuro e sono ormai pochissime le persone rimaste in città”. Su una popolazione di 90mila persone, circa 50mila – due terzi degli abitanti – è fuggita dalle proprie case alla ricerca di luoghi più sicuri. Loikaw è diventata una città deserta.
Circa 200 sfollati hanno trovato rifugio nel nostro complesso della Cattedrale, insieme a pochissimi sacerdoti e suore. “Saremo qui fino a quando la situazione ce lo consentirà. Tutte le parrocchie (sei) della città di Loikaw sono già state abbandonate. Non sappiamo cosa ci succederà. Tuttavia, crediamo che Dio ci proteggerà”.Le foto inviate dal complesso della cattedrale di Cristo Re, ritraggono donne e bambini in preghiera, ragazzi impegnati in attività didattiche e ludiche, condivisione dei pasti. Gli sfollati sono stati sistemati all’interno della cattedrale, con i pochi beni ancora in loro possesso.
E’ dalla scorsa settimana, che il Myanmar è al centro di una escalation di violenza con intensi combattimenti tra la giunta militare e le forze di resistenza popolare soprattutto nelle aree etniche e negli Stati prevalentemente cristiani di Kayah, Chin e Karen, dove sono ormai migliaia i civili costretti a lasciare le loro case e fuggire nelle foreste o rifugiarsi in chiesa o altre istituzioni. Le organizzazioni locali lamentano le difficoltà di accesso umanitario alle persone bisognose in queste parti del paese dovute alla situazione della sicurezza, ai posti di blocco militari e alla mancanza di autorizzazioni.
Anche l’Unicef si dice “profondamente preoccupato” per l’escalation del conflitto in Myanmar e in una nota condanna “l’uso che ci è stato segnalato di attacchi aerei e di armi pesanti in aree civili”. Negli attacchi, sono stati purtroppo colpiti anche i bambini. L’organizzazione fa sapere che l’8 gennaio, il corpo di un ragazzo di 13 anni è stato ritrovato a Matupi, nello Stato di Chin, mentre una ragazza di 12 anni e un ragazzo di 16 sono stati feriti con armi pesanti a Loikaw, nello Stato di Kayah, a seguito di intensi attacchi aerei e di mortaio. Lo stesso giorno, una bambina di 7 anni è stata ferita da colpi di arma da fuoco pesante a Hpa An, nello Stato Kayin. Il 7 gennaio, un ragazzo di 14 anni e due ragazzi di 17 anni sono stati colpiti a morte a Dawei Township, nella regione di Tanintharyi. Il 5 gennaio due bambine di 1 e 4 anni sono state ferite da colpi di artiglieria a Namkham, nello Stato di Shan. Da qui l’appello dell’organizzazione perché siano protetti i bambini “come priorità assoluta”.
Secondo un bilancio stilato dall’agenzia di informazione cattolica per l’Asia, UcaNews, quattro diocesi – Hakha, Kalay, Loikaw e Pekhon – delle 16 diocesi della nazione dilaniata dal conflitto sono state duramente colpite in seguito al colpo di stato militare dello scorso febbraio che ha innescato manifestazioni di protesta e una crescente resistenza da parte delle milizie. Il conflitto crescente, in particolare nelle regioni prevalentemente cristiane abitate dalle minoranze Kayah, Chin e Kachin, ha provocato bombardamenti e razzie delle chiese. Preti e pastori sono stati arrestati mentre molti civili disarmati, compresi i cristiani, sono stati uccisi. Più di 1.400 persone sono state uccise, inclusi almeno 50 bambini, e oltre 10.000 persone sono state arrestate dal colpo di stato.
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