RIVIERA – L’arresto per droga di due giovani di Grottammare ci è di spunto per una riflessione, condivisa in redazione, anche perchè tra di noi dell’Ancoraonline c’è qualcuno che nella vita svolge in qualche misura un mestiere vero e proprio o un’attività volontaria di educatore.
Non vogliamo essere noiosi, ne’ scontati, ma ci chiediamo: Perché la droga? Che bisogno c’è di assumere sostanze che rendano meno amara la vita? Che cosa manca per dover ricorrere a qualcosa di esterno per vivere? Perché c’è un vuoto da riempire? Perchè non ci si sente autonomi, cosicchè possiamo farcela da soli?
Forse è mancato l’amore, una carezza, uno sguardo, cioè un bene spirituale o forse è mancato un motorino, un orologio di marca, un jeans firmato, cioè un bene materiale? Un mistero.
A volte si cade solo per noia, per provare, per curiosità, a volte si cade per dolore, per sofferenza. Più grave e drammatico – a dispetto di quanto sembri – è il primo caso, perché davvero non c’è motivo per drogarsi e per distruggersi la vita. Spesso è anche una questione di ignoranza, nel vero senso del termine: non si sa che tutte le droghe sono sostanze “psicoattive”, ossia che attivano in maniera chimica la psiche, per cui una volta entrate in circolo nel fisico, è impossibile farne a meno: è la mente, la psiche stessa che le chiede, oltre ad esserci una dipendenza da assuefazione fisica, che spinge a consumarne in sempre maggiore quantità.
Il drogato perde anche la dignità: inganna i genitori, gli insegnanti, gli amici, chiunque. L’unico scopo di vita è la droga, le sensazioni che essa può suscitare, provarne sempre di più per “sballarsi” sempre di più e “godere” di un’effimera gioia.
Il “dopo” è terribile: un vuoto , assordante e mostruoso, opprime e schiaccia il tossicodipendente, dolori fisici e malesseri, tra vomito e diarrea, convulsioni, dolore intenso, che offuscano e annientano ciò che di poco resta di lucido, razionale, della mente, del pensiero.
Che cosa possiamo dire, commentare, riflettere, noi giornalisti di un settimanale diocesano? Una gran pena invade l’animo, una tristezza , una “com-passione”, ossia la nostra partecipazione al dolore per chi è drogato.
Non è da cristiano provare disprezzo e repulsione, isolare. Non lo è mai.
Non lo è per nessuna persona che sbaglia, perché dobbiamo essere consapevoli che sopra di noi non ci siamo noi stessi a giudicare e o ad emanare sentenze: sopra di noi c’è Dio, un’Entità superiore a noi. Noi siamo polvere al Suo confronto, ma diventiamo invincibili, solo se ci svuotiamo di noi stessi e lasciamo spazio a Lui di entrare nel nostro animo e di riempirci.
A noi umani viene chiesto solo di amarci e di sostenerci l’un l’altro. Con questo non dobbiamo pensare che i cristiani siano creduloni, o fessi o sciocchi da farsi ingannare facilmente, da essere pietosi o “buonisti” . Gesù ci insegna che un cristiano deve avere il cuore di una colomba , ma deve essere furbo come un serpente.
Con queste riflessioni, che pena ci fanno i due giovani arrestati a Grottammare, già persi nell’ inconsapevolezza totale di non saper più distinguere il Bene dal male, non avere più la coscienza di fare del male ad altri ragazzi o giovani, a cui vendono morte, indifferentemente, per denaro, il vero principe di questo mondo.
Alle volte l’unica soluzione è la preghiera, non per rifugiarvisi, come se essa fosse un porto sicuro, ma perché noi in alcune situazioni, possiamo solo pregare, in silenzio, nel nostro cuore.
Allora chiudiamolo questo sipario doloroso della droga, dilagante in tutta la Riviera e pensiamo anche alla mancanza di lavoro, di prospettive, di speranza per i giovani, come concause. Ma ce n’è una soltanto, di vera causa: la mancanza di Dio, la sua assenza o la “presunta” Sua assenza, nel cuore di chi decide di drogarsi, cioè la solitudine dell’animo.
Per questo preghiamo.
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