DIOCESI – “In ogni epoca, la pace è insieme dono dall’alto e frutto di un impegno condiviso. C’è, infatti, una “architettura” della pace, dove intervengono le diverse istituzioni della società, e c’è un “artigianato” della pace che coinvolge ognuno di noi in prima persona. Tutti possono collaborare a edificare un mondo più pacifico: a partire dal proprio cuore e dalle relazioni in famiglia, nella società e con l’ambiente, fino ai rapporti fra i popoli e fra gli Stati.”
Così ci esortava papa Francesco nel Messaggio per la Pace del 1 gennaio 2022 quando ancora nel nostro continente non si poteva presagire il violento attacco perpetrato da Putin ai danni dell’Ucraina con la sua scia di morte, di distruzione e di massacri anche nei confronti di vecchi inermi e bambini.
E la domenica delle Palme nella celebrazione in piazza San Pietro il papa visibilmente commosso si è rivolto ai signori della guerra: “Si ripongano le armi, si inizi una tregua pasquale. Ma non per ricaricare le armi e riprendere a combattere, no. Una tregua per arrivare alla pace, attraverso un vero negoziato, disposti anche a qualche sacrificio per il bene della gente.”
Siamo ancora impauriti e ci sentiamo sempre più soli per le conseguenze dovute alla pandemia; questa guerra poi ci ha proiettato agli anni bui della guerra fredda o addirittura allo spettro di una terza guerra mondiale. E’ questo lo scenario che abbiamo vissuto in questa settimana Santa per prepararci a vivere la Risurrezione del Cristo dalla morte di croce.
La croce sembra la morte della speranza, la vittoria del male ma è anche il dono del Cristo per l’umanità intera e la Risurrezione è segno reale di questa Speranza (che per Papa Francesco significa “andare verso la Vita”), del bene che trionfa, dell’umanità riappacificata che sa guardare l’altro come il proprio fratello e da alla nostra vita uno slancio di luce di nuove relazioni fraterne. Le vicende del mondo, le guerre dimenticate, le sofferenze di tanti bambini innocenti non scompaiono ma dobbiamo viverle con la “compassione” di chi prende su di se queste sofferenze e la tramuta in opere di bene, in scelte di vita e non di morte, in gesti di amore e di condivisione. Lo spirito evangelico è uno spirito di riconciliazione, anche contro ogni speranza visibile come accade in questa guerra di aggressione che il Papa ha definito “sacrilega”. Ecco perché durante la XIII stazione della Via Crucis al Colosseo con Papa Francesco la Croce è stata portata da due donne: Irina (Ucraina) ed Albina (Russa) che hanno pregato in silenzio, guardandosi con le lacrime negli occhi.
Ed allora facciamoci gli auguri di una Santa Pasqua per tutta l’umanità in un momento così difficile riprendendo le parole di don Tonino Bello il vescovo degli ultimi: “La Pasqua frantumi le nostre paure e ci faccia vedere le tristezze, le malattie, i soprusi, e perfino la morte, dal versante giusto: quello del «terzo giorno». Da quel versante le croci sembreranno antenne, piazzate per farci udire la musica del cielo. Le sofferenze del mondo non saranno per noi i rantoli dell’agonia, ma i travagli del parto. E le stigmate, lasciate dai chiodi nelle nostre mani crocifisse, saranno le feritoie attraverso le quali scorgeremo fin d’ora le luci di un mondo nuovo. Pasqua, festa che ci riscatta dal nostro passato! Allora, Coraggio! Non temete!”
Fernando Palestini
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