Massimo Regini, preside dell’Istituto Teologico Marchigiano
MARCHE – Certamente un documento sulla famiglia, come quello pubblicato di recente dal Pontificio Dicastero sulla famiglia, suscita attenzione e gratitudine. Ma la proposta, contenuta nel documento, della castità per i fidanzati e della stessa virtù come servizio di verità all’amore ha suscitato un certo stupore soprattutto da parte di coloro che hanno visto in questa proposta come un ritorno ad una visione negativa della sessualità e un giudizio di peccaminosità riguardo al suo esercizio. Papa Francesco è consapevole che proporre la preziosa virtù della castità sia ormai in diretto contrasto con la mentalità comune. Il pensiero va alla diffusa esperienza della convivenza vissuta in una piena intimità sessuale e al pensiero che l’attrazione fra due persone normalmente è pensata e vissuta anche sessualmente fin dai primi momenti del loro incontro.
Se poi pensiamo allo sguardo tenebroso che avvolge molti di coloro che vedono e ricercano immagini pornografiche, parlare di castità è esporsi anche ad una possibile derisione, per quella visione prettamente ludica del corpo e della sessualità che accompagna tanti discorsi e purtroppo tante relazioni.
La castità invece indica un orizzonte che supera l’attività sessuale, o almeno la sua riduzione ad una semplice prova d’amore, per collocarsi sul piano della cultura e soprattutto di una spiritualità morale che afferma e promuove il bene della sessualità e l’amore come dono. Ma questo richiede tempo, compreso il tempo dell’attesa e soprattutto quello della conoscenza reciproca. Per essere compresa e vissuta la castità infatti richiede uno sguardo più attento e un orizzonte più ampio, per vivere un amore che accetta il tempo necessario per imparare ad amare, dove la privazione di un piacere facile da soddisfare possa condurre gli amanti alla conoscenza della reciproca verità e bellezza, un tempo quindi in cui vivere le qualità proprie dell’amore che una visione dell’amore appiattita sulle emozioni, e spesso solo sul piacere, porta facilmente a trascurare. La castità è un modo per affermare, per ciò che riguarda l’amore e la capacità di amare, che il tempo è superiore allo spazio. “La castità va presentata come autentica ‘alleata dell’amore’, non come sua negazione. Essa, infatti, è la via privilegiata per imparare a rispettare l’individualità e la dignità dell’altro, senza subordinarlo ai propri desideri”, come ci ricorda il numero 57 del documento sulla famiglia che stiamo commentando.
La castità è la libertà dal possesso in tutti gli ambiti della vita. Solo quando un amore è casto, è un amore vero. La logica dell’amore è sempre una logica di libertà. La vocazione all’amore coniugale è vocazione al dono di sé. Per essere capaci di farlo è necessario arrivare a possedere sé stessi. La castità non è rifiuto della sessualità e del piacere, e non nasce certo dalla considerazione che nella sfera sessuale tutto è peccato, ma consente alla relazione affettiva di maturare gradualmente e in modo approfondito.
La virtù della castità insegna il rispetto dell’altro, la premura di non sottometterlo mai ai propri desideri, la pazienza e la delicatezza verso la persona amata nei momenti di difficoltà fisica e spirituale, la fortezza e il dominio di sé. La questione fondamentale è decidere se desideriamo esperienze che conducono ad un amore duraturo oppure se ci accontentiamo di esperienze che si strutturano nella consumazione di attimi di emozione, dove le relazioni resistono fino a quando gli elementi di piacevolezza sono quelli più convincenti. La castità è un amore che prima di essere esercizio della sessualità è contemplazione, sguardo di bontà, rispetto e meraviglia nel vedere la bellezza di Dio nella persona amata e in tutte le creature. La castità fa entrare il corpo nella libertà dell’amore spirituale e pienamente umano, un cammino anche verso l’esperienza del piacere, la cui intensità si accoglie sempre come dono e sfugge quando il piacere è cercato come fine a se stesso.
Certamente una tale crescita nell’amore è aiutata da quella disciplina dei sentimenti e delle passioni che è richiesta dalla virtù della castità. Quando esiste solo lo spazio fisico condiviso e non quello personale, si rischia di cadere in un delirio possessivo che rischia di fissarsi sulla “strumentalizzazione fisica dell’altro” (n. 57). La castità ha “una dimensione positiva importantissima di libertà dal possesso dell’altro” (n. 57). Nessuno può dare quello che non possiede; se la persona non è padrona di sé, le manca la capacità di donarsi. La castità è l’energia spirituale che libera l’amore dall’egoismo e dall’aggressività. L’eros certo non dimentica la dinamica del desiderio, ma è chiamato ad accettare la sfida della differenza e della distanza. L’intelligenza erotica può trovare nella pratica della distanza temporale la via di un amore più autentico e di un desiderio più profondo.
Non abbiamo paura, perciò, di parlare di lotta interiore e di ascesi, per giungere ad avere uno sguardo contemplativo sull’amore. L’eros bramoso e affascinante dovrà sempre di più cercare la felicità dell’altro, altrimenti con il tempo muore. La sessualità non può essere ridotta alla sola genitalità, un equivoco a cui può portare una sua consumazione senza impegno. La capacità di dono e di accoglienza è più ampia di quella esercitata nella genitalità, perché investe l’intera persona e le sue relazioni. La sessualità ci spinge alla relazione con l’altro, ma dipende da noi cercare in questa relazione lo scambio e la condivisione oppure il narcisistico possesso di sé e dell’altro.
La castità diventa così l’affermazione gioiosa di chi sa vivere nel dono di sé. La castità fa maturare la persona e la riempie di pace interiore. Per tutto questo, la castità appare anche oggi una virtù, e una scelta di vita, non solo possibile, ma “condizione preziosa per la crescita genuina dell’amore interpersonale” (Amoris laetitiae, 206). La sua proposta permette il discernimento sull’amore che si sta vivendo e anche sui tempi in cui questo si compie. Invita ad una decisione. I lunghi tempi del fidanzamento, che spesso diventano quelli della convivenza, dalla virtù della castità sono provocati a diventare un vero tempo di discernimento, per vedere se quello che si sta vivendo è vero, se ha la forza del futuro e la pienezza del presente, se è progetto o un semplice stare insieme, magari per vincere la solitudine. Se poi il discernimento positivamente compito non portasse subito alla celebrazione del matrimonio, mentre cresce il bisogno del dono reciproco nella certezza che l’amore ha già la forma della castità e ha in sé una promessa di amore e di fedeltà, la castità aiuterà a togliere ogni malizia e a vivere nel dono di se stessi, che non identifica necessariamente l’esercizio della sessualità come un peccato contro l’amore, ma forse come una forma, anche se ancora imperfetta, della castità del cuore, che è sempre una partecipazione alla grazia di Dio quando si diventa partecipi del suo sguardo d’amore.
0 commenti