(foto: Sant’Egidio)

M. Chiara Biagioni

(Foto Sant’Egidio)

“Ci sono tante tentazioni che spingono a pensare la sicurezza come esclusione dell’altro. In realtà non si è mai sicuri, escludendo l’altro. I muri non garantiscono anzi complicano la sicurezza. La convivenza invece è generativa”. È un appello ad un Mediterraneo di incontro quello lanciato oggi dai relatori che hanno preso parte oggi a Roma al Forum “Mediterraneo, il mare plurale”, organizzato nell’ambito dell’incontro interreligioso della Comunità di Sant’Egidio. Un coro unanime ad abbattere i muri, a fronteggiare le “sirene politiche” che inneggiano alla sicurezza e alla divisione, a farsi prossimi delle sofferenze e dei dolori che attraversano non solo le acque ma anche i popoli delle terre che si affacciano sul “Mare Nostro”. “Il Mediterraneo – ha detto il card. Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Conferenza episcopale italiana – è da sempre un luogo di convivenza, necessariamente di mediazione. E c’è un grido che sale dal Mediterraneo che non dobbiamo dimenticare, un grido che dice: salvami! La pace comincia nel salvare la vita e la speranza. Se muore la speranza, muore anche la persona”. Nel suo intervento, Zuppi parla di migrazione. “Deve essere affrontato non tanto in termini di sicurezza ma in termini innanzitutto di umanesimo e umanità”, dice. “Dobbiamo ancora liberarci dalla tentazione di vivere soltanto con la paura. Lasciamo questo al passato e cerchiamo – ed è questa una responsabilità di tutta l’Europa – un approccio che non sia solo non di sicurezza ma di visione, di futuro e fare del Mediterraneo il laboratorio dell’incontro”.

“Non c’è futuro senza accoglienza e l’accoglienza è sempre legata alla convivenza. Chi accoglie, sa convivere, chi non accoglie resta solo”, avverte Zuppi.

“La pace – aggiunge – ha bisogno di dialogo, di costruire ponti e abbattere tanti muri. Qualche volta sembra strano dialogare. Per alcuni è ingenuo o addirittura pericoloso ma è strano non farlo perché altrimenti crescono i pregiudizi e non si può rispettare ciò che non si conosce. Proprio per questo dobbiamo imparare a dialogare. Il Mediterraneo deve essere una cerniera e non un muro perché solo vincendo le paure, si può trovare il proprio futuro”.

(foto Sant’Egidio)

“Oggi, il Mediterraneo è un lago di fiamme, di sangue e di lacrime”, dice il prof. Tarek Mitri dell’Università Americana di Beirut. “Piuttosto che avvicinare le persone, sembra, agli occhi di molti, un mare di divisione. È vero che ci sono stati molti promettenti tentativi di dialogo e di cooperazione attraverso il Mediterraneo”. Ma molti di essi sono falliti. Si direbbe che siamo passati da “partnership motivate dal bene comune” a “relazioni interstatali condizionate da considerazioni di sicurezza”. Nel prendere la parola, cardinale Jean-Marc Aveline, arcivescovo di Marsiglia, mette in guardia sul rischio di rimanere indifferenti ai dolori che attraversano i popoli del Mediterraneo. “Fino a quando l’indifferenza continua a soffocare l’indignazione, non si sono speranze”, dice. “Ci chiediamo, perché l’Unione Europea continua a finanziare le mafie della Libia che mantengono aperti campi di concentramento per migranti nel Paese? Fino a quando le nostre coscienze rimarranno sorde ed anestetizzate a tutto questo? Quando si risveglierà la coscienza del Mediterraneo”. Il cardinale ha invitato a mettersi in ascolto del “popolo” che “è capace – ha detto – di vivere la pluralità come un breccia di futuro e non come una minaccia. Bisogna resistere a tutte le sirene politiche che cercano di farci credere che l’immigrazione è soltanto una minaccia. Non è così. È anche un vantaggio ed una risorsa. Fino a quando ci lasceremo anestetizzare da questi messaggi politici che non fanno che diffondere la paura e rifiutano di vedere la speranza del popolo”. Al Forum di Roma, più relatori hanno ricordato l’impegno intrapreso dalla Copnferenza episcopale italiana, promuovendo prima a Bari e poi a Firenze, una conferenza alla quale hanno partecipato i presidenti delle Chiese che si affacciano sul Mare. Occorre ora andare avanti e rilanciare questa proposta di confronto, dialogo a più voci. Le sfide sono molteplici. Dalle disuguaglianze, ai flussi migratori, al pluralismo religioso e culturale alla questione ecologica e climatica. L’arcivescovo Aveline ricorda di averne parlato al Papa. “Anche il Mediterraneo – ha detto l’arcivescovo di Marsiglia a Papa Francesco – merita un Sinodo. I problemi del Mediterraneo sono sfide che l’intero pianeta deve raccogliere. E devo dire che – ha quindi aggiunto Aveline – che il Papa mi ha ascoltato e mi ha detto: ottima idea”. “Il vero dialogo – argomenta il Rav. David Rosen – ci rende capaci di conoscerci e comprenderci reciprocamente.Il Mediterraneo ci pone di fronte a una sfida e a un’opportunità uniche: essere in grado di vivere e incarnare questi valori e ideali che accomunano in modo tanto particolare le nostre religioni, patrimonio di questa parte del mondo”.

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