Daniele Rocchi
Dopo il Bahrein, il Qatar. Dalla visita del Papa della scorsa settimana al calcio di inizio dei Mondiali di calcio a Doha, il prossimo 20 novembre. La penisola arabica ancora sotto i riflettori dei media di tutto il mondo. Dei due eventi ne parliamo con mons. Paul Hinder, vicario apostolico dell’Arabia del Nord nel cui territorio insistono Bahrein, Arabia Saudita, Kuwait e Qatar.
Mons. Hinder, una settimana fa la visita in Bahrein di Papa Francesco: cosa ha lasciato il Pontefice alla Chiesa del Golfo arabico e quale mandato vi ha affidato?
Il Papa ci ha lasciato un messaggio di incoraggiamento, ci ha esortato a non essere tristi ma di vivere con gioia il Vangelo, di non essere ‘internamente’ in lutto. Coinvolgente, poi, il suo appello ai giovani ad avere una cultura di cura per tutti, di essere seminatori di fraternità, di avere il coraggio di assumere decisioni per la vita. Una cosa che mi ha colpito molto è la capacità del Papa di vivere il suo limite fisico personale con coraggio. Un grande esempio per tutti.
Tanti i temi toccati dal Papa nei suoi interventi che rimandano al documento sulla fratellanza umana firmato ad Abu Dhabi con il grande Imam di Al-Azhar, Ahmad Al-Tayyib, momento centrale di quello storico viaggio, del febbraio 2019, il primo di un Pontefice nella penisola arabica…
Oltre a confermarci nella fede, Papa Francesco ci ha posto nel solco del documento sulla fratellanza umana di Abu Dhabi. Il Papa si è pronunciato in modo chiaro e coraggioso sui temi dei diritti umani, sulla libertà religiosa e di culto. Si tratta di una indicazione lanciata non solo al Bahrein ma credo anche agli altri Paesi del Golfo arabico e al mondo intero. Papa Francesco ha ricordato anche il tema del lavoro e della sua disumanizzazione. In questi Paesi arabici vivono e operano moltissimi lavoratori stranieri che sono un po’ sfruttati. Ci sono tanti passi da fare per migliorare le loro condizioni ma non dobbiamo farci tante illusioni perché quello del lavoro è un tema mondiale.
Dal Bahrein si è levata anche la voce del grande Imam sunnita Al-Tayyib che ha invocato “con cuore aperto e mani tese” un dialogo con i musulmani sciiti. Un appello che vede Papa Francesco tessitore di dialogo: come dimenticare il suo incontro con il leader sciita Al Sistani, durante il viaggio in Iraq nel marzo dello scorso anno?
Il Pontefice ha la forza di richiamare i musulmani ad un ‘ecumenismo interno’ per non restare in una posizione di conflitto. Papa Francesco parte da una prospettiva cristiana e da secoli di dialogo. Ma è chiaro che questo passo spetta agli islamici.
Eccellenza, dopo il Papa, nel suo Vicariato arriveranno i Mondiali di calcio, edizione numero 22, che si giocheranno dal 20 novembre proprio a Doha, nella capitale qatariota. In arrivo centinaia di migliaia di tifosi. Un evento anch’esso storico dal momento che si tratta del primo mondiale che si gioca in questo lembo della penisola arabica. Ci sono iniziative particolari che la Chiesa locale metterà in campo per assistere e accogliere ‘spiritualmente’ i tifosi in arrivo?
La chiesa di Nostra Signora del Rosario, a Doha, la prima chiesa costruita in Qatar che può contenere oltre 2.000 persone, la più grande del Golfo, resterà aperta durante lo svolgimento dei mondiali per permettere ai tifosi di ritagliarsi un momento di preghiera e di meditazione.
E magari di diventare un centro di incontro e di conoscenza tra tifosi e cristiani locali…
Da parte mia auspico che i Mondiali di calcio diventino una privilegiata occasione di fratellanza, di amicizia e di scambio umano e religioso. Lo sport, il calcio, sia un veicolo di pace e di integrazione culturale e religiosa. Che siano i mondiali della fratellanza umana. Ai tifosi in arrivo chiedo il rispetto della cultura locale. Anche noi occidentali chiediamo a chi viene a visitarci il rispetto delle regole vigenti nei nostri Paesi. Che sia un momento di festa e di scambio, di rispetto dell’altro.
Si è parlato dei Mondiali in Qatar anche per quanto riguarda il rispetto dei diritti umani e dello sfruttamento dei lavoratori stranieri, molti dei quali hanno perso la vita lavorando alla costruzione degli stadi. Potrà questa manifestazione globale aiutare il Qatar a scrollarsi di dosso questa immagine di Paese fondamentalista?
Non saprei. Credo che eventi come questo dei Mondiali non siano più sostenibili per il futuro. La stessa decisione di affidare il Mondiale al Qatar è stata, per quanto si è letto, problematica. Devo anche dire che il Paese ha fatto passi enormi nel campo del rispetto dei diritti. Solo 25 anni fa in Qatar noi non avevamo una chiesa e c’era chi gettava pietre ed altro verso i cristiani che si radunavano per pregare e celebrare i Sacramenti. Oggi questo non accade più anche grazie all’azione del Governo. Ciò non toglie che restano da fare dei progressi sul tema dei diritti umani, sociali e norme di lavoro.
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