GROTTAMMARE –Nuova appuntamento con la rubrica “Libri da leggere di autori locali” per conoscere le opere letterarie scritte da chi vive nel territorio. Questa settimana abbiamo intervistato lo storico grottammarese Giuseppe Mariani. S’intitola “Statuti dei Comuni Piceni nei secoli XIV-XVIII – Regesti illustrati” la sua recente pubblicazione con la quale rende omaggio alla città di Grottammare.
Giuseppe un lavoro di ricerca durato circa 15 anni. Dove può essere consultato il volume?
E’ a disposizione di tutti coloro che vorranno consultarlo presso la Biblioteca comunale di Grottammare “Mario Rivosecchi” che in questo modo arricchisce i suoi cataloghi di storia e cultura locale. La raccolta è inserita nella collana editoriale “Quaderni del Consiglio regionale delle Marche”.
Come si articola questa pubblicazione?
L’opera è divisa in due sezioni: una relativa agli statuti dei Comuni della provincia di Ascoli Piceno e l’altra agli statuti dei Comuni della provincia di Fermo. In particolare lo Statuto comunale medievale è una raccolta di norme atte a regolare la vita pubblica e privata all’interno del Castello (municipio) e del suo territorio. È un complesso scritto della normativa vigente nel comune medievale nel quale vengono raggruppate le consuetudini locali, gli usi, i costumi e le norme deliberate dal Consiglio Generale, essi venivano costantemente riveduti con l’aggiunta di nuove norme o con la riforma di quelle già esistenti. Alla sua redazione vengono eletti degli uomini detti Statutari spesso sotto la guida di un notaio o nei casi delle città da un giureconsulto. L’importanza di questi codici medievali è tale da aver suggerito la necessità di un loro censimento che consentisse uno studio più articolato della formazione dell’autonomia dei comuni medievali ovvero lo ius proprium civitatis contrapposto al diritto pontificio, nel nostro caso, ma sempre ad esso sottostante.
Lo Statuto medievale oltre ad essere un testo di Diritto è anche un testo che attraverso i delitti e le loro pene consente una lettura sociologica della vita dell’epoca.
Esatto. Prendiamo ad esempio in esame alcuni aspetti rilevanti come veniva applicata la pena di morte. Ad Ascoli diversi erano i modi con cui essa veniva applicata, il capitolo quindicesimo, De li heretici et sodomiti et de li incestiosi, prevede per tali reati che il condannato sia arso con lu focho. A Ripatransone gli Statuti prevedevano la decapitazione mentre a Montelparo l’impiccagione.
Particolare attenzione veniva rivolta alla risoluzione delle liti famigliari.
Le liti famigliari non venivano presentate davanti al giudice ma venivano nominati dei giudici conciliatori che in privato le dirimevano. Negli Statuti Castel di Lama si dice “che tutte liti che nascessero tra parenti per cause civili sopra le cose non chiare fine in tezo grado, lo Podestà constrenga tutte dua le parti à fare compromesso in uno ò due huommeni communamente da elegersi à diffinire decte liti, è questo per deviare à li scandali et per levare le spese”.
Tra le curiosità che troviamo in questa volume una riguarda i lupi.
Esatto. Una curiosità la troviamo nel libro degli straordinari degli Statuti di Ripatransone: un capitolo premia l’uccisione di un lupo con 1 fiorino cifra veramente notevole se la rapportiamo al salario del podestà di Monte San Pietrangeli che è di 30 fiorini per la sua carica di 6 mesi con i quali doveva pagare anche 2 esperti notai che doveva condurre con sè e alla fine del suo mandato doveva anche donare una balestra al comune.
Giuseppe una sezione è dedicata ai Governatori pontifici che si sono succeduti al Governo della Marca.
Sì. Tra i quali lo spagnolo Antonius Flores archiepiscopus Avinionensis Marchie gubernator questi nel 1488 aveva sostenuto l’accusa di eresia, lanciata da papa Innocenzo VIII, contro le tesi pubblicate da Pico della Mirandola che fu costretto a rifugiarsi in Francia. Troviamo ancora il napoletano Cesare Brancaccio protonotario apostolico, governatore generale della Marca e soprintendente dei governi di Ancona e Fermo (viene deposto da papa Paolo IV e su suo ordine, il 9 marzo 1559, è imprigionato a Macerata dal successore Loreto Lauro, consegnato ai priori e tradotto a Roma nel carcere di Castel Sant’Angelo. I
Sono presenti anche personaggi illustri?
Certo. A Fermo, tra i testimoni di un diploma di Federico I figura Cunradus (di Urslinger) svevus dux spoletinus al quale Enrico VI figlio del Barbarossa, e la Moglie Costanza d’Altavilla che si apprestava a raggiungerlo in Sicilia, affidarono il neonato erede al trono il futuro Federico II. Nel diploma originale di Federico II dell’agosto 1242, con il quale reintegra la città di Fermo nei suoi diritti, tra i testimoni figurano Magister Petrus de Vinea Logoteta della Magna Curia Federiciana ovvero capo dei notai e custode dei sigilli regii. Dante lo pone nel XIII canto dell’inferno nella selva dei suicidi assolvendolo dalla accusa di tradimento per il quale fu imprigionato e fatto accecare da Federico II a Pontremoli nella Piazzetta di San Geminiano. Ignoto è il motivo della sua morte avvenuta per suicidio o per conseguenze dell’accecamento. Pier della Vigna lo ritroviamo ancora come testimone nel diploma con il quale Federico II da Verona concede alla Città di Ascoli, per i servigi resi all’Impero, il porto alla foce del fiume Tronto.
Lei dedica questo lavoro ai suoi genitori Achille e Bruna.
I miei genitori mi hanno sempre stimolato a seguire le mie inclinazioni e le mie attitudini.
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