“Appena l’ho saputo, ho detto: questa è una truffa, e chiunque fa questo è un truffatore”. Lo ha detto mons. Alberto Perlasca, teste chiave del processo in corso in Vaticano sugli investimenti finanziari della Segreteria di Stato a Londra, durante l’interrogatorio della 37ª udienza da parte del Promotore di Giustizia, Alessandro Diddi.

“Quando dissi a Peña Parra che bisognava denunciare Torzi – ha aggiunto, secondo quanto riferito dal pool di giornalisti ammessi nell’Aula polifunzionale dei Musei Vaticani – sono stato messo da parte. Ne fui felicissimo e da allora non me ne sono più occupato”. Perlasca ha inoltre osservato: “Quando ho saputo che Torzi aveva preso soldi due volte, quando aveva cioè acquisito le 1000 azioni con diritto di voto e quando queste erano state riacquistate dalla Segreteria di Stato, ho pensato: spero che li spenda tutti in farmacia”.

Interpellato da Diddi sul proprio ruolo nel processo in corso, Perlasca ha risposto: “Quale grande accusatore! Non ho accusato nessuno, le cose le sapevano già tutti, anche i media”. Riguardo ai finanziamenti versati alla Cooperativa Spes, Perlasca ha precisato che “al contrario di altri versamenti del genere, grazie ai quali i beneficiari ricevevano somme per un massimo di 30 mila euro, i versamenti in questione erano totalmente fuori sacco”. Sempre a detta di Perlasca, Becciu, replicando alle perplessità avanzate da Tirabassi sulle modalità del finanziamento alla Cooperativa Spes, che ammontava a 100mila euro e doveva essere erogato in un’unica soluzione, avrebbe proposto di fare un versamento tramite lo Ior come contributo per la carità del Papa. “Becciu – ha dichiarato Perlasca – non disse mai che aveva l’autorizzazione del Santo Padre”.

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