ACQUAVIVA PICENA – Proseguiamo il nostro viaggio per conoscere meglio i Diaconi che operano nella nostra Diocesi. Incontriamo oggi Giovanni Maria Bettoni che svolge il servizio diaconale presso la Parrocchia San Niccolò di Acquaviva Picena e che è anche Vice Cancelliere vescovile e referente per la Diocesi della FACI (Federazione tra le Associazioni del Clero in Italia).
Come è nata la sua vocazione?
La mia vocazione nasce all’interno della vocazione matrimoniale, vissuta come servizio alla Chiesa e ai fratelli più piccoli. È stato il mio Parroco, don Angelo Palmioli, a riconoscere in me questa ulteriore chiamata che mai fino ad allora avevo preso in considerazione. Ricordo, infatti, che nel 1998, al termine della celebrazione eucaristica domenicale, alla mia richiesta su che cosa dovessi fare per diventare ministro straordinario della Comunione, inspiegabilmente il don aveva affermato che vedeva in me una vocazione diversa e mi chiese se avessi mai pensato di diventare diacono.
Una nuova chiamata, dentro la chiamata, chiedeva la mia adesione e quella di mia moglie, per dar corpo al meraviglioso progetto di vita che il Signore stava tracciando con noi e per noi.
In quel periodo la nostra vita era molto intensa. Avevamo aperto la nostra famiglia all’accoglienza di minori, ora ci veniva chiesta una nuova apertura: cingere la veste ai fianchi per farsi servo nella Chiesa non più solo come persona, marito e padre, ma come Diacono e con mia moglie e i miei figli come famiglia diaconale. Divenni Ministro straordinario della Comunione nel 1999 e solo nel 2000 ho iniziato il mio percorso di formazione al diaconato.
Come è stata accolta in famiglia la sua chiamata?
La mia famiglia ha accolto questa nuova chiamata con gioia e trepidazione. Gioia perché ogni chiamata reca i segni dell’attesa e della gioia; trepidazione perché si trattava di fare spazio sottraendo tempo ed energie ad una realtà che, con tre figli naturali ed altri quattro in affido, invece, di tempo ed energie aveva una grande necessità. È solo grazie al sostegno di mia moglie che ho potuto affrontare con gioia questo nuovo cammino.
Quali servizi ha svolto in questi anni?
Come diacono sono stato chiamato ad insegnare Religione Cattolica nella scuola.
Presso la Parrocchia di San Niccolò di Acquaviva Picena, oltre al servizio liturgico e della Parola, sono membro del Consiglio Pastorale e nel Consiglio degli Affari Economici, segretario della Caritas Parrocchiale, seguo con mia moglie la preparazione delle giovani coppie al Matrimonio e quella delle famiglie al Battesimo dei figli.
In Diocesi sono stato membro del Gruppo guida dei Responsabili dei laboratori sinodali, membro dell’Èquipe Diocesana Oratori (come referente dell’area giuridica), membro del Consiglio Pastorale Diocesano; ora sono vice-cancelliere vescovile, Referente Diocesano FACI, Assessore nelle cause di nullità trattate con il rito “brevior”; membro unitamente a mia moglie del servizio Giuridico-Pastorale per le nullità matrimoniali e del Servizio Diocesano per la Tutela dei Minori
Lei è anche avvocato e docente. Come riesce a conciliare gli impegni familiari e professionali con quelli del Ministero diaconale?
Non ci sono ricette precostituite. Non lo so. È lo Spirito che ci chiama su strade che non conosciamo, mentre la preghiera sostiene questo nostro cammino e la vita mantiene il passo di questo nostro andare. In questo noi Diaconi uxorati siamo fortunati, perché siamo aiutati dall’amore, dalla sapienza e dalla concretezza delle nostre spose, che tutelano e custodiscono con estrema saggezza la piccola Chiesa domestica culla della nostra prima vocazione.
Grazie alla sua professione di insegnante di religione presso l’Istituto Augusto Capriotti, lei ha una vista privilegiata sul mondo dei giovani, visto che è a stretto contatto con loro. Come vivono i ragazzi di oggi il rapporto con la Fede?
È una domanda alla quale non è semplice rispondere. Piuttosto ci sarebbe da chiedersi quale fede presentiamo e testimoniamo ai ragazzi. I ragazzi sono ragazzi. Nel loro rapportarsi con la fede essi mostrano disinteresse, che diventa però curiosità di fronte ad un discorso che va a scovarli nelle loro fragilità, incredulità che diventa possibilità se si abbandona il terreno del cieco fideismo superstizioso, rabbia che diventa ricerca del vero di fronte alla trasparenza e al riconoscimento dei propri errori, lontananza critica che diventa attenzione quando è la coerenza della vita a parlare.
I nostri ragazzi si mostrano lontani e disinteressati, certamente perché il mondo va in un’altra direzione, ma anche e soprattutto quando noi adulti cessiamo di essere testimoni credili.
L’incontro con loro diventa così occasione di crescita, che spinge noi adulti ad uscire dai nostri schematismi per trovare nuovi luoghi di dialogo, dove la bellezza della gioventù, con la sua continua ricerca del senso profondo della vita, possa tornare ad emergere oltre le mille incrostazioni di un’adesione acritica al vuoto consumismo edonistico, tornando a riannodare i fili con la bellezza di un autentico discorso di fede.
Qual è oggi la sfida maggiore del diaconato permanente?
La sfida più grande per noi diaconi è essere diaconi. Per definire il diaconato faccio mie le parole di San Paolo VI: “ il diacono è animatore del servizio, ossia della diaconia della Chiesa presso le comunità cristiane locali, segno o Sacramento dello stesso Cristo Signore ‘il quale non venne per essere servito, ma per servire’”. È l’uomo della soglia, colui che può riannodare i legami sfilacciati fra l’uomo moderno, preso dai mille impegni, spesso arrabbiato o deluso dalla vita e comunque distante, e la Chiesa, come comunità pulsante, Sacramento vivente del Cristo risorto. Allora la missione fondamentale del diacono è quella di stare fra la gente e cercare di essere un testimone credibile dell’amore misericordioso del Padre, rimanendo al posto del servo, cioè quello ai piedi della tavola con il grembiule ben stretto ai fianchi.
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