Del Prof. Fernando Palestini
DIOCESI – “Dai momenti di crisi non si esce mai uguali: se ne esce migliori o peggiori. Oggi siamo chiamati a chiederci: che cosa abbiamo imparato da questa situazione di pandemia? … Quali segni di vita e di speranza possiamo cogliere per andare aventi e cercare di rendere migliore il nostro mondo?” Con queste parole papa Francesco nel messaggio per la 56^ Giornata Mondiale della Pace che si celebra il 1 gennaio 2023 ci chiede di interrogarci su come siamo usciti dalla crisi Covid-19 e su quale sarà il nostro futuro e soprattutto sulle nostre responsabilità. Cosa abbiamo imparato e cosa abbiamo saputo cogliere da questa crisi che ha messo a nudo tante nostre certezze e ci ha reso tutti più fragili. Il Papa ci ricorda che la più grande lezione che il Covid-19 ci lascia in eredità “… è la consapevolezza che abbiamo tutti bisogno gli uni degli altri, che il nostro tesoro più grande, seppure anche il più fragile, è la fratellanza umana, fondata sulla comune figliolanza divina, e che nessuno può salvarsi da solo”.
Il Messaggio del Santo Padre è stato presentato in conferenza stampa dal cardinale Michael Czerny, prefetto del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo integrale e suor Alessandra Smerilli, segretario dello stesso dicastero, mentre il peruviano dottor Maximo Torero, economista della FAO, ha inviato un video messaggio. Accanto a loro ha partecipato alla presentazione anche il cantautore Simone Cristicchi convinto che l’arte ed in particolare la musica possa diventare un potente megafono per trasmettere messaggi così importanti come quello di Francesco. Cristicchi ha raccontato che “durante la pandemia ho riflettuto molto sul tema della felicità e nel testo del Papa ho individuato tre parole chiave”. La prima è attenzione che significa “volgere l’animo verso qualcosa, uscire da me stesso, dalla prigione del mio ego per accorgermi che esistono anche gli altri. E’ una parola per ricominciare: per essere vigile e prendermi cura del microcosmo in cui vivo”. La seconda parola è umiltà: “Essere umili è sentirsi come un campo arato e solo se sono così, in uno stato di apertura totale, posso ricevere i doni che tutti mi possono portare, posso imparare da tutti e dire a tutti grazie”. Cura è la terza parola individuata da Cristicchi ed è al centro del Messaggio del Papa. C’è un vuoto che appartiene ad ogni essere umano, osserva il cantautore, e “da quando veniamo gettati nel mondo noi cerchiamo quel senso di completezza che si può trovare attraverso l’amore”. La parola cura è anche al centro della sua canzone: “Abbi cura di me” che ha cantato a chiusura della conferenza, “una sorta di preghiera d’amore universale, una richiesta di aiuto, una dichiarazione di fragilità, che tutti possono interpretare e sentire come propria”. Una preghiera dell’uomo a Dio, conclude, ma forse anche di Dio all’umanità, perché Dio “ha bisogno di noi per completare la sua opera”. “La vita è l’unico miracolo a cui non puoi non credere. E non esiste un altro giorno che sia uguale a ieri. Tu allora vivilo adesso come se fosse l’ultimo. Abbi cura di me. Basta mettersi al fianco invece di stare al centro. L’amore è l’unica strada, è l’unico motore. È la scintilla divina che custodisci nel cuore. Abbi cura di me fino all’ultimo giorno in cui potrò respirare”. (dal testo della canzone “Abbi cura di me”).
Papa Francesco nel messaggio si sofferma poi sulla guerra in Ucraina che miete vittime innocenti e diffonde incertezza e ribadisce che “questa guerra, insieme a tutti gli altri conflitti sparsi per il globo, rappresenta una sconfitta per l’umanità intera e non solo per le parti direttamente coinvolte”. Quindi il papa rivolge una preghiera a Dio affinché trasformi i nostri criteri abituali di interpretazione del mondo e della realtà. “Non possiamo più pensare solo a preservare lo spazio dei nostri interessi personali o nazionali, ma dobbiamo pensarci alla luce del bene comune, con un senso comunitario, ovvero come un “noi” aperto alla fraternità universale. Non possiamo perseguire solo la protezione di noi stessi, ma è l’ora di impegnarci tutti per la guarigione della nostra società e del nostro pianeta, creando le basi per un mondo più giusto e pacifico, seriamente impegnato alla ricerca di un bene che sia davvero comune”. La responsabilità è di ciascuno di noi, nessuno escluso. Quello che ci è chiesto di fare è “promuovere azioni di pace per mettere fine i conflitti ed alle guerre che continuano a generare vittime e povertà…., prenderci cura della nostra casa comune…., combattere il virus delle disuguaglianze e garantire il cibo ed un lavoro dignitoso per tutti, sostenendo quanti non hanno neppure un salario minimo e sono in grandi difficoltà. Abbiamo bisogno di sviluppare, con politiche adeguate, l’accoglienza e l’integrazione, in particolare nei confronti dei migranti e di coloro che vivono come scartati nelle nostre società”.
E questo deve essere un impegno comune di noi credenti in tutte le realtà dove ci troviamo ad operare.
E l’augurio del Papa alla fine del Messaggio diventa anche l’augurio di tutto l’Ufficio Comunicazioni della Diocesi ai lettori dell’Ancora on line: “A tutti gli uomini e le donne di buona volontà auguro di costruire giorno per giorno, come artigiani di pace, un buon anno! Maria Immacolata, Madre di Gesù e Regina della Pace interceda per noi e per il mondo intero”.
0 commenti