Un appello di pace all’esercito, alla Sac (la giunta militare attualmente al governo), al Governo di unità Nazionale (Nug) e alle Forze di Difesa popolare (Pdf). A lanciarlo è il card. Charles Maung Bo, arcivescovo di Yangon e presidente dei vescovi birmani, che dedica il suo messaggio di inizio anno per chiedere a tutti gli attori in campo nella crisi birmana di dichiarare di “comune accordo” “il mese di gennaio come il mese del cessate il fuoco”. “Lasciate che le armi tacciano e credete nella risoluzione pacifica dei problemi attraverso il dialogo”. Ieri, 30 dicembre, la leader dell’opposizione birmana e Premio Nobel per la pace, Aung San Suu Kyi, è stata condannata da un processo farsa, ad un totale di 33 anni di prigione, dopo essere stata defenestrata dal colpo di Stato dei militari nel febbraio 2021. Da allora la guerra civile scoppiata in Myanmar continua a mietere vittime anche tra i civili. Un rapporto del gruppo di monitoraggio Acled (Armed Conflict Location & Event Data Project) rende noto che solo nei primi sei mesi del 2022 gli attacchi armati hanno provocato 11 mila morti e che gli eventi violenti condotti dall’esercito contro i civili sono stati almeno 668. Ci sono regioni del paese in cui la popolazione vive in una situazione di crisi umanitaria. Moltissimi, soprattutto donne, bambini e anziani sono fuggiti dai villaggi rifugiandosi nelle giungle, senza però accesso ai beni essenziali, come cibo, acqua potabile e assistenza sanitaria. Per questo, l’arcivescovo chiede a tutte le parti di “istituire e rispettare corridoi umanitari verso le aree di crisi umanitarie acute, consentendo il libero accesso alle agenzie nazionali e internazionali”. Per dare una opportunità di crescita al Paese, il cardinale propone di rilanciare il processo di pace che era stato avviato nel 2020 dalla Conferenza di pace di Panglong mettendo allo stesso tavolo i rappresentanti dei gruppi armati delle minoranze etniche, del governo e dell’esercito (Tatmadaw). Ma la pace – scrive l’arcivescovo – ha anche bisogno di giustizia. Per questo nell’appello, la Chiesa cattolica chiede alle parti di “combattere insieme altre guerre: contro le pandemie, i cambiamenti climatici, le turbolenze economiche e l’economia illecita. Aiutateci a ridurre la sofferenza dei milioni di vittime della “carestia della pace” che muoiono di fame negli insediamenti disumani lontano dalle loro case: pensate alle lacrime delle giovani madri e dei loro bambini che languiscono negli accampamenti nella giungla”. “La pace è possibile”, conclude il cardinale. “La pace è l’unica via. Che un Nuovo Myanmar di speranza sorga nel 2023”.
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