Hanno un nome i due immigrati morti la scorsa notte nel “ghetto” di Borgo Mezzanone, nel foggiano, a causa delle esalazioni di monossido di carbonio da un braciere acceso nella loro baracca per cercare di riscaldarsi dal freddo sferzante di questi giorni. Si chiamavano Ibrahim, dal Gambia e Queen, dal Ghana. Avevano entrambi 32 anni ed erano una coppia. Altre due persone che dormivano nella stessa baracca sono rimaste leggermente intossicate. La loro fine tragica è solo il dramma estremo di una situazione terribile che perdura da anni nelle campagne del foggiano, dove alloggiano in una baraccopoli, in condizioni invivibili e di sfruttamento, circa 1500 migranti, che aumentano d’estate con la raccolta dei pomodori. Vengono reclutati dai “caporali”, sottopagati e costretti a turni di 12-14 ore al giorno, anche con il caldo torrido. Finita la stagione Ibrahim cercava di sbarcare il lunario raccogliendo ferro e altri materiali riciclabili da rivendere. Queen faceva la prostituta. Sono le informazioni raccolte nelle ultime ore dagli operatori della Caritas diocesana di Foggia-Bovino, presenti da sei anni a Borgo Mezzanone con il progetto Presidio, promosso da Caritas italiana in diverse regioni italiane. Forniscono assistenza sanitaria tramite una clinica mobile e uno sportello legale per le pratiche burocratiche. Anche le due vittime erano registrate tra gli utenti del progetto. Una loro amica è arrivata nell’ufficio Caritas piangendo, dopo aver visto quanto accaduto.
“Sono morti nel sonno”, racconta al Sir Khady Sene, mediatrice culturale dell’ufficio immigrazione della Caritas di Foggia-Bovino, che si è recata subito sul posto. “I vicini se ne sono accorti perché è scoppiato un incendio. Hanno cercato di svegliarli ma oramai era troppo tardi. Hanno chiamato i pompieri e la polizia. Siamo scioccati”. La Caritas diocesana mette a disposizione a Borgo Mezzanone due operatori sociali fissi, un medico, due volontari e un’autista. “Purtroppo questo è l’ennesimo incidente che coinvolge i ragazzi che abitano a Borgo Mezzanone – prosegue -. Siamo molto tristi come comunità africana. E non c’è nessuna risposta.
È la dimostrazione che queste persone sono dimenticate da tutti e non hanno il sostegno di nessuno.
Noi diamo assistenza sanitaria e legale ma non basta. Serve il sostegno dello Stato. È una vergogna che deve riguardare tutti, non solo noi operatori che cerchiamo di dare una vita migliore e una dignità a queste persone. Dobbiamo metterci una mano sulla coscienza e dire basta, perché vediamo troppe persone morire”.
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