Marco Testi
L’arte della buona battaglia è il libro dell’ascolto silenzioso prima ancora della scrittura. È dal silenzio che nasce la parola, e in questo silenzio divenuto comunicazione si intuisce l’aiuto reale ai sofferenti, agli ultimi, a coloro che hanno perso la speranza e il senso del vivere.
Libro come mondo, questo di don Fabio Rosini, docente presso la Pontificia Università della Santa Croce, responsabile per l’ufficio vocazioni del vicariato di Roma e collaboratore della Radio Vaticana per la quale commenta da più di dieci anni il Vangelo domenicale. Perché L’arte della buona battaglia (San Paolo, 400 pagine, 18 euro) penetra profondamente nel cuore della cosiddetta modernità affrontandone gli scogli, le tempeste, i naufragi e nello stesso tempo mostrando come non abbia molto senso distinguere tra antico e moderno:parole del quarto secolo dopo Cristo, e quelle più antiche delle tanto sospette (da parte degli iper-laici) Scritture, sono invece drammaticamente – e provvidenzialmente – attuali.La libertà interiore e gli otto pensieri maligni secondo Evagrio Pontico, come ci dice il sottotitolo, non sono inconciliabili, anzi. Leggendo le citazioni del monaco del deserto – nessuno di loro nasceva monaco, arrivavano a questa scelta dopo aver vissuto quasi sempre nel benessere e nella cultura – accuratamente selezionate da don Fabio, divenute guida per questo cammino comune, ci si rende presto conto di questa assoluta attualità. Non attraverso una decodificazione per adeguarle al pensiero contemporaneo, ma semplicemente leggendole così come esse appaiono dopo più di milleseicento anni. Nella loro capacità di conservare senso.
Ecco il libro-mondo, perché, come in un sistema di rimandi non meccanici, si passa dalla Bibbia ad Evagrio, fino all’autore a noi contemporaneo e al nostro essere profondo senza sforzi e costrizioni, ma semplicemente lasciandosi trascinare dalla corrente delle parole. E soprattutto del senso.Un senso che scaturisce dagli otto loghismói, pensieri maligni, codificati e analizzati uno per uno con riflessioni che si intrecciano, senza confondersi le une con le altre, con gli insegnamenti dei testi sacri, di Gesù, con le meditazioni nel deserto, nel mondo della velocità virtuale e dei metaversi.
I pensieri maligni di cui si parla sono la gola, la fornicazione, l’avarizia, la tristezza, la collera, l’accidia, la vanagloria e l’orgoglio.Chi pensasse ad una elencazione fredda e astratta sbaglierebbe, perché don Fabio riesce a mettere queste passioni troppo umane, come direbbe l’autore dell’oltre-uomo, Nietzsche, dentro la sensibilità, l’esperienza di ognuno, la tangibile necessità di resettare e chiedersi perché talvolta la nostra vita sia occupata da un senso di tristezza o di noia. E di tedio inaspettato dopo aver finalmente raggiunto il tanto desiderato obiettivo.Talvolta la letteratura, con Proust, Moravia, Somerset Maugham ci aiuta a capire come la fissazione del raggiungimento a tutti i costi nasconda la delusione.Le “fantasie di cibi” di cui parla genialmente Evagrio per definire la gola è un segnale, tra tanti, di come il libro-mondo non sia un insieme di comparti stagni, ma un viaggio con il lettore, in silente ascolto l’uno dell’altro, non per pietà o per disperazione, almeno non solo. La cultura e l’esperienza qui non sono separate, ma in grado di abbattere idoli interiori che sono entrati in noi senza bussare, e che hanno creato dipendenze da molte cose, cibo, sesso, immagine falsa e foriera di guai, accumulazione patologica, tristezza senza apparente senso, possesso fine a se stesso. E molto altro.
Un libro per tutti noi, perché non ha limiti di utenza, ma il raro pregio di capirci e di aiutarci in questo difficile, mutuo cammino che si chiama vita.
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