MONTEDINOVE – S’intitola “Su fioriti rovi” la poesia di Daniela Litta, scrittrice originaria di Montedinove. L’opera è stata selezionata per la mostra d’arte contemporanea, in occasione del centenario dalla nascita di Margherita Hack, ed è presente nel catalogo edizioni “Art factory”.
Quando nasce “Su fioriti rovi”?
“Su Fioriti rovi” è una poesia che parla di riscatto e resurrezione, fondamentalmente in ognuno di noi. Parla di una presa di coscienza, della consapevolezza che anche l’ inverno più freddo non potrà impedire un nuovo schiudersi, una nuova possibilità per tornare a ringraziare. Si riferisce a una delusione: è la trascrizione di un qualcuno che non ci ha compresi, ma che a guardare bene ci porta anche a ridere delle proprie “pungenti debolezze”. Si riferisce all’ incomprensione di una relazione, che vista con distacco e con la giusta lente consapevole, non ci fa demordere, ma continuare a fiorire. Un concetto sapientemente illuminato dal filosofo Schopenhauer sulla giusta distanza tra intimità emotiva e il distacco. Parla di “strappi e cuciture” mediante i quali sono imbastite le trame relazionali delle nostre esistenze. Strappi è distacchi, che a guardare bene, ci uniscono in lembi e fili più sottili.
La sua opera è stata selezionata nell’ambito della mostra realizzata in occasione del centenario dalla nascita di Margherita Hack. Cosa ha rappresentato per lei?
Partecipare a una mostra d’ arte contemporanea, curata da personalità rappresentative del mondo della cultura, dell’arte e del giornalismo, quali Salvo Nugnes, Vittorio Sgarbi, Silvana Giacobini, eè sicuramente altamente gratificante, se si aggiunge che la stessa mostra omaggia un’altra grandissima personalità del panorama scientifico e culturale, per il centenario dalla sua nascita, quale l’ eccellente ricercatrice e astronoma fiorentina, Margherita Hack. Lei si è distinta non solo per le sue ricerche e i suoi contributi da studiosa e osservatrice del mondo astrofisico, ma anche per la sua capacità di divulgazione e per quel suo essere affabile e vicina anche ai non addetti ai lavori, grazie alla sua semplicità e alla sua genialità. Le opere esposte in mostra, che spaziano dalla pittura alla scultura, dalla fotografia alla poesia, sono raccolte in un prestigioso catalogo edito da Art Factory, con il contributo di Francesco Alberoni, Antonio Zichichi, Roberto Villa, Umberto Veronesi, Don Mazzi, ecc..
Daniela quando si appassiona alla scrittura e dunque inizia a scrivere poesie?
E’ da sempre stata un’ attitudine vicina alle mie corde, un’ inclinazione che mi ha permesso, fin da piccola, di comunicare stati d’animo, emozioni, mediante il potere delle parole. Le mie primissime poesie, risalgono ai primi anni della scuola elementare, immediatamente dopo l’apprendimento della letto-scrittura. Furono anni fondamentali per la scoperta del grande veicolo espressivo della scrittura, che ho vissuto come uno strumento magico mediante il quale poter dar vita ad una molteplicità di espressioni, combinazioni in rima, immagini, fantasticherie. Concepivo i miei componimenti come una sorta di ricami, pizzi, creazioni, prendendo spunto e volendo emulare anche mia zia, abilissima nel ricamo e fine esperta di uncinetto. Grazie ad una bravissima insegnante, che ha subito saputo cogliere questa mia propensione, mi appassionai alla poesia, amata anche dal punto di vista della memorizzazione e interpretazione. Negli anni non ho mai lasciato questa dimensione espressiva, riferendomi alla scrittura, anzi ne ho avuto via via sempre maggior bisogno, per tradurre, imparare a sostare, riflettere, simbolizzare gli anni delicati dell’ adolescenza. Ma l’approdo alla mia “poetica”, se così posso definirla, intendendola come fioritura o sintesi espressiva, e’ avvenuta in età adulta, contestualmente al mio rientro nelle Marche, dalla quale mi ero trasferita per lavoro. E’ come se fossi partita, ancora adolescente con una valigia di aspettative e fossi tornata con un bagaglio di ispirazione. Ecco la vedo un po’ così, anche come la circumnavigazione di un viaggio simbolico, la mia poetica.
Nel corso della sua carriera come scrittrice ha partecipato a diversi concorsi. Qual è quello al quale è più legata e perché?
Sono particolarmente onorata di aver ricevuto il “Premio Adriatico” per la Regione Marche, contestualmente alla sezione Poesia. E’ un riconoscimento importante che ha lo scopo non solo di valorizzare eccellenze, ma anche di “unire”, creare legami, reti, collegamenti, scambi culturali e dialogo. E’ promosso dall’associazione “Irdi destinazione arte” presieduta dal professor Massimo Pasqualone, critico d’ arte e referente, per le Marche, il noto e grande artista e pittore Carlo Gentili. Sono stata premiata, contestualmente alla presentazione del libro “Tra i due mari. Gli Scrittori si raccontano dal Medio Adriatico alla Campania” a cura e con un saggio di Massimo Pasqualone e con la postfazione di Eugenia Tabellione, presso l’ Antico Caffè Soriano di San Benedetto del Tronto.
Lei è insegnante. A suo avviso quanto è importante far appassionare i ragazzi alla poesia?
Dal mio punto di vista riuscire a suscitare nei bambini e nei ragazzi la passione per la poesia, vuol dire educarli alla traduzione dei loro stati d’animo mediante la riflessione e il loro personale stile espressivo. Riflessione, che non dimentichiamo, nella sua radice etimologica e’ ri/ spectrum= riflesso. Vuol dire renderli consapevoli di un codice linguistico personale che può essere inteso universalmente. Nella poesia sono intrise tante discipline, dalla metrica alla filosofia, dall’arte all’educazione civica: se si fa poesia ci si mette in ascolto di se stessi in relazione all’ altro. L’ altro al quale si comunica e con cui si condivide gli aspetti più umani ed essenziali, in cui non e’ possibile non riconoscersi.
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