Di Padre Francesco Occhetta

La Costituzione compie 75 anni. Nel 1948, commentando la sua approvazione, Civiltà Cattolica affermava: «La nuova Costituzione è una costituzione democratica, che dà un posto di conveniente rilievo alla persona umana e ai suoi diritti, concede una larga disposizione al lavoro, decentra l’organizzazione e l’amministrazione dello Stato, appoggia sul regime concordatario le relazioni tra Stato e Chiesa». Com’è noto, la Costituzione italiana venne approvata nella seduta del 22 dicembre 1947, con 453 voti favorevoli e 62 contrari ed entrò in vigore il 1° gennaio 1948. Il dettato dei 139 articoli della Costituzione, oltre a fondare la legittimità dei circa due milioni e mezzo di articoli di legge in vigore, ha accompagnato il Paese a unificarsi, lo ha orientato nella sua crescita economica e culturale, è stato “il faro nelle notti” della Repubblica e ha arginato le gravi crisi politico-parlamentari e sociali di questi ultimi 75 anni.

Tuttavia, mai come in questo tempo in cui è scomparsa la generazione dei costituenti, il nostro Paese è chiamato a ricordare, a riportare nel cuore della vita sociale il testo fondatore. In questi anni le ragioni che hanno offuscato i princìpi della Costituzione sono molte: dalla corruzione al dilagare del clientelismo, dalla riduzione dei partiti a comitati elettorali al crollo delle ideologie. Assistiamo a una sorta di oblio della coscienza politica. Per questo è urgente investire questo anno per rilanciare un’appartenenza intorno alla Carta che nasce dall’esperienza anti-fascista.

L’invito allora è duplice: da una parte fare unità intorno all’“eredità” positiva della parte valoriale della Costituzione, dall’altra riflettere sui ritardi e sul “compito” di saperla revisionare come “fedeltà creativa” al testo. La seconda parte della Costituzione non può essere considerata un testo sacro, va riformata e armonizzata ai princìpi della prima parte che hanno garantito alla democrazia di essere non solamente un metodo ma un valore. Il nostro tempo presenta alcune sfide sconosciute ai costituenti: le domande della bioetica, la concezione della giustizia, l’inizio e la fine vita, l’idea di famiglia, i flussi dei migranti, l’ambiente e così via. Lo ribadiamo: più che una nuova Costituzione servono revisioni le quali oltre a intendere la Costituzione come “indirizzo fondamentale”, la ritengano una “norma fondamentale di garanzia”, in grado di essere “ispiratrice” e “limite” nei confronti delle scelte politiche e “aperture” alle nuove regole sociali.

Ogni riforma va condivisa nell’intero arco costituzionale, non basta che una maggioranza la possa cambiare irreversibilmente. Per farlo occorre investire bene questo 75° anno in educazione nelle scuole, in riflessione nei dibattiti pubblici, in formazione nei programmi di aggiornamento delle aziende e del terzo settore e in scelte concrete che onorino lo spirito e la lettera della Costituzione. Lo ha ricordato il presidente Mattarella nel suo discorso di fine anno: «La Costituzione resta la nostra bussola, il suo rispetto il nostro primario dovere; anche il mio».

Solamente questa attenzione sociale propositiva alimenterà la democrazia custodita dalla Costituzione che Sturzo nel 1957 aveva espresso con una consapevolezza profetica, ancora attuale oggi: «La Costituzione è il fondamento della Repubblica democratica. Se cade dal cuore del popolo, se non è rispettata dalle autorità politiche, se non è difesa dal governo e dal parlamento, se è manomessa dai partiti, se non entra nella coscienza nazionale, anche attraverso l’insegnamento e l’educazione scolastica e post-scolastica, verrà a mancare il terreno sul quale sono fabbricate le nostre istituzioni e ancorate le nostre libertà».

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