“A Lampedusa, nei scorsi giorni, sono stati tantissimi gli arrivi di migranti. Per noi è stato impossibile tenere conto dei numeri con precisione. Ma sono state circa tremila le persone arrivate soprattutto dalla Tunisia e dalla Libia. Sono persone tunisine e subsahariane, che affrontano un viaggio fino alla Libia. La situazione in Tunisia è difficile e tante persone cercano di lasciare il Paese”. Lo riferisce al Sir Emma Conti, operatrice di Mediterranean hope, programma migranti e rifugiati della federazione delle Chiese evangeliche in Italia, che si trova a Lampedusa, dove il programma è attivo dal 2014. Un impegno condotto negli anni per assicurare un’accoglienza più umana: essere presenti nel momento dell’approdo per incontrare le persone, fornire ascolto, dialogo e supporto agli adulti che vogliono raccontare le loro storie, ma anche per offrire un momento più sereno ai bambini.
Gli operatori di Mediterranean hope sono presenti al molo, dove “la situazione è difficile”, come volontari del Forum Lampedusa Solidale per dare un’accoglienza umana delle persone “trattate in maniera disumana”. “Ne abbiamo aiutate tante lì, soprattutto donne e bambini. Tanta l’attesa per loro prima di essere trasferite nell’hotspot. Quando le persone arrivano sono costrette ad aspettare tanto tempo prima di sbarcare. Inoltre, il molo è molto sporco. E manca il cibo, manca l’acqua. Spesso le persone non possono utilizzare i bagni perché non sono funzionanti. Abbiamo aiutato anche numerose persone sopravvissute a naufragi. In particolare, abbiamo assistito, il 25 marzo, 4 donne sopravvissute a un naufragio nel giorno precedente. Sembra siano le sole di 44 persone. Ci hanno riferito così. Con loro sono arrivate a Lampedusa anche 7 salme”. Conti definisce la condizione di accoglienza dei migranti sull’isola “preoccupante”. “Sono accolti in modo disumano. L’hotspot che può contenere 390 persone ne arriva a contenere più di duemila. I trasferimenti non sono sufficienti per garantire gli spazi. È una struttura chiusa alla società civile e ai volontari. Quindi, non sappiamo bene cosa succeda lì dentro. Ma registriamo nel complesso una mancanza di cura e di presa di responsabilità nel voler assicurare un trattamento dignitoso di queste persone”.
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