DIOCESI – Lectio delle Sorelle Clarisse del Monastero Santa Speranza di San Benedetto del Tronto.
«La folla, numerosissima, stese i proprio mantelli sulla strada mentre altri tagliavano rami dagli alberi e li stendevano sulla strada. La folla che lo precedeva e quella che lo seguiva, gridava: “Osanna al Figlio di Davide! Benedetto colui che viene nel nome del Signore! Osanna nel più alto dei cieli”».
E’ un ingresso trionfale quello di Gesù a Gerusalemme: la folla acclama a gran voce il nuovo re e nuovo Davide che entra nella città santa per la liberazione e la salvezza del popolo.
Guardiamo bene i tratti di questo re, però…
Non cavalca un puledro come si addice ad un discendente di stirpe regale, è in sella, invece, ad un’asina!
Non ha i tratti di un guerriero ma, come dice il profeta Isaia, di un re «mite».
Entra a Gerusalemme da servo, come scrive Paolo nella lettera ai Filippesi: «Cristo Gesù, pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio l’essere come Dio, ma svuotò se stesso assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini».
Entra a Gerusalemme da discepolo, come leggiamo nella prima lettura tratta, sempre, dal libro del profeta Isaia: «Il Signore Dio mi ha dato una lingua da discepolo, perché io sappia indirizzare una parola allo sfiduciato». E, da discepolo, non è autocentrato ma continuamente rivolto al Padre: «Ogni mattina fa attento il mio orecchio perché io ascolti come i discepoli».
Anche noi, oggi, siamo tra la folla…anche noi alziamo i nostri rami di ulivo e cantiamo “Osanna” al Signore che viene.
Ma qual è il senso di questi rami di ulivo, oggi, nelle nostre mani? Sono il “Sì” che noi diciamo al Signore, il proclamare il suo regno come scopo ultimo e contenuto della nostra vita. Le palme nelle nostre mani dicono, anzi, gridano che tutto nella nostra vita e nel mondo appartiene a Cristo, che nessun campo della nostra vita sfugge alla sua salvezza, alla sua azione di redenzione, al suo amore. Ma non vogliamo cadere anche noi nell’equivoco del popolo di Gerusalemme. Perché sappiamo bene che il Re che gli ebrei acclamavano allora e che oggi noi acclamiamo si incammina verso il Golgota, che questo breve trionfo terreno del Signore non è che il prologo della croce. Le palme nelle nostre mani significano allora la nostra prontezza e la nostra volontà a seguirlo nel cammino totale del dono di sé, a seguirlo nel cammino di totale fedeltà al Padre, a seguirlo nel suo cammino di totale fedeltà all’uomo. Non compiamo, oggi, quindi solo un gesto di lode ma vogliamo rinnovare il nostro impegno, la nostra responsabilità nel fare di Cristo l’unica misura di tutta la nostra vita!
Buona e vera Domenica delle Palme e un buon inizio di Settimana Santa a tutti!
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