MONTEDINOVE – Un paesino di soli 467 abitanti che fa parte della nostra Diocesi di San Benedetto del Tronto-Ripatransone-Montalto è Montedinove. Ricchissimo di storia e molto curato, per il visitatore interessato all’archeologia è una vera chicca. Le ipotesi proposte degli studiosi sull’origine del nome sembrerebbero non quella riferita, semplicisticamente – al “Monte dei nove colli o contrade” o delle “Nuove “ o “Novelle” che in passato si trasmettevano utilizzando segnali luminosi dalle alture, monti che peraltro appaiono raffigurati sullo stemma comunale, ma soprattutto ad un’altra, molto più significativa, riferita ad un’antica città  scomparsa. Nella sua Naturalis Historia Plinio il Vecchio ci riferisce dell’antica città romana di “Novana” e quindi il termine “Monte di Nove” starebbe a significare un incastellamento sopra la città di Novana, abbreviata appunto in “Nove”. Nel XVII secolo il Cluverio difatti ubicava proprio la città sepolta di Novana presso Montedinove. Ma secondo lo studioso recentemente scomparso, Don Vincenzo Galiè : “Questa tesi è stata ad oggi sostenuta da Nereo Alfieri, Lidio Gasperini, Gianfranco Paci e da vari studiosi locali ( …) a mio avviso tuttavia essa ( Novana nda) era ad Est del giardino di Carassai, presso la chiesa Collegiata di Santa Maria del Buon Gesù. Sono giunto a questa conclusione- scriveva Galiè – analizzando i documenti e le mappe, studiando gli atti di donazione e le strade segnalate nel Catasto Gregoriano”. Secondo questa interpretazione Montedinove sarebbe stato vicino a Novana, ma non Novana stessa. Ad ogni buon conto, come si vede nell’interessante Museo del borgo all’interno della chiesa di San Lorenzo, ben illustrato dal gentilissimo studioso Eraldo Vagnetti, questo sito è stato abitato fin dal tempo dei Piceni. Sono numerosi i ritrovamenti dei frammenti fittili e in bronzo, decorazioni, fibule, orecchini. A questo proposito uniche nel loro genere come gli “Anelloni Montelparo”, sono le “Fibule Montedinove”, in bronzo, ritrovate solo qui. Datate intorno al 580-520 a.C., quindi del VI secolo aC, sono in ferro oppure in bronzo con “ageminatura” , ossia con una decorazione sul metallo incisa con inserti simili a tarsie di altri metalli: oro, argento ecc. per ottenere decorazioni policrome, come facevano i greci. Ad Ancona, al Museo Archeologico  ve ne sono conservate e descritte come : “Arco ondulato con tre gobbe espanse fessurate decorate ad agemina di bronzo. Staffa”. Tale fibula ossia grosso fermaglio che serviva a raccogliere ampi drappeggi di un mantello o comunque di vesti, viene classificata come bene culturale tra gli : “ oggetti di ornamento personale”, sembra rinvenuta quasi esclusivamente in sepolture femminili, insieme agli oggetti muliebri caratteristici del filare e del tessere. Forse aveva un significato matrimoniale e certamente per la sua pesantezza, non era un fermaglio da indossare tutti i giorni, quindi aveva soprattutto con un significato rituale, forse dono della famiglia dello sposo o comunque con un carattere celebrativo, tale da accompagnare la proprietaria nell’ultimo viaggio ed essere sepolto con lei, quindi non considerato riutilizzabile, un po’ come le nostre “fedi” nuziali, a nostro avviso.  Naturalmente oggi quel che resta, visibile in foto è solo un’ombra ossidata: in origine doveva trattarsi di un bel pesante fermaglio decorato e luccicante con inserti e ageminatura in oro e argento, a colori. Il Museo delle Tombe Picene di Montedinove è situato in largo Lea Caracini,  presso l’ex Convento delle Clarisse.

Per informazioni sui giorni e gli orari d’apertura, è possibile contattare il Comune allo 0736 829410 (tutti i giorni dal lunedì al venerdì).

 

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