Francesco Zanotti
La crisi di acqua è ormai un dato di fatto. E lo è anche per tutta l’Emilia Romagna. Lo conferma anche Gian Luca Bagnara, economista esperto di agri business e dal 2021, tra i numerosi incarichi ricoperti, vicepresidente del network di esperti per la Biodiversità dei suoli, braccio operativo scientifico dell’Osservatorio internazionale della Fao, che abbiamo raggiunto per affrontare il delicato tema della siccità.
“Tutta la Pianura padana si alimenta grazie alle piogge che si verificano in Piemonte – dice al telefono -. E queste piogge negli ultimi periodi sono state scarse. Invece si sono concentrate abbastanza nel centro-sud. La Romagna, nella nostra regione, costituisce un’eccezione, grazie alla presenza di falde locali e della diga di Ridracoli che è in questo momento è piena”.
Per la questione acqua non solo importanti solo le piogge, ma anche le temperature.“Quando si superano i 30 gradi – sostiene Bagnara – le piante assorbono meno acqua perché si chiudono gli stomi che servono per l’idratazione. Inoltre i terreni influiscono molto nell’attenuazione delle temperature. Se sono ricchi di sostanze organiche riescono meglio a realizzare questa funzione. Se invece sono poveri, come nel nostro caso con sostanze organiche attorno all’un per cento invece del 2-3 per cento, ci riescono molto meno”.
Ma non è tutto qui.Anche i flussi di acqua lungo i mesi ha la sua importanza. Adesso ci siamo abituati a fenomeni intensi in periodi brevi, in stile tropico. “Questo sta cambiando anche il modo di fare agricoltura – aggiunge Bagnara –perché con queste mutate condizioni le rese sono molto cambiate negli anni. Guardiamo ad esempio cosa è avvenuto quest’anno: abbiamo avuto un inverno mite e la scorsa settimana abbiamo avuto gelate notturne con un -5 toccato giovedì 6 aprile. Tutta la frutticoltura ha subito danni rilevanti” cui si sono aggiunti quelli dovuti alle grandinate che si sono verificate in diverse zone della Romagna. Nel Cesenate se ne è verificata una di una certa violenza la mattina di Pasqua.
Il cambiamento in corso è dovuto a un processo, sostiene l’esperto. “Il deserto del Sahara sta avanzando verso nord, verso il Mediterraneo. Fino a qualche tempo fa in estate si attendeva l’arrivo dell’anticiclone delle Azzorre che assicurava un periodo di bel tempo”, con temperature sopportabili. “Ora invece – fa presente Bagnara – sono sempre più frequenti le piogge di sabbia che arrivano dal deserto. Al tempo stesso si assiste a un raffreddamento dell’area sub-sahariana”.
Quanto incide l’intervento dell’uomo in questo cambiamento del clima che parrebbe inarrestabile? Secondo Bagnara il trend avrebbe “una sua base naturale, con una accentuazione dovuta all’intervento umano”. Ecco perchéoccorre pensare “a un’agricoltura diversa, con un forte controllo dell’acqua e un miglioramento della fertilità dei terreni, come Israele ci insegna”.
La rotazione dei terreni è ancora fondamentale, altrimenti, dice ancora Bagnara, “noi possiamo pensare di tamponare certe situazioni, ma non di mitigarle. Occorre migliorare la biodiversità dei suoli.Ecco perché oggi molti stanno cambiando il loro modo di lavorare in agricoltura. L’irrigazione è a manichetta e i suoli vanno coperti”. Anche per affrontare le gelate ormai ci sono soluzioni adottabili: si può irrigare per mitigare l’influsso del gelo. Si possono accendere fuochi, ma non sono facili da gestire. Oppure, meglio ancora, specifica Bagnara, “le reti protettive che si usano contro la grandine vanno usate anche contro il gelo”.
Infine, tiene a fare presente l’esperto Bagnara, “le ricerche in laboratorio vanno bene, ma vanno accompagnate dalla sperimentazione in campo. Sì, perché va bene spingere sulle tecniche genetiche, ma se non sperimentiamo in campo, rischiano di rimanere belle idee e basta”.
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