Marta Panicucci
La pandemia da Covid-19, che ha congelato molti settori economici per quasi due anni, poi la difficile ripresa, l’invasione russa in Ucraina, il balzo dell’inflazione e i prezzi delle materie prime e dell’energia fuori controllo. Con questo e molto altro ha dovuto fare i conti Andrea Prete, ingegnere classe 1956, che dal luglio 2021 è presidente di Unioncamere.
Presidente gli anni del Covid hanno pesato negativamente su molte aziende e sull’intera economia del Paese. Oggi come vede la situazione economica dell’Italia e quali prospettive intravede per il 2023?
“La grande ripresa che ha registrato l’Italia dopo la pandemia dimostra che il nostro è un Paese forte, con grandi capacità di reazione. Questa caratteristica è dovuta ai processi di riorganizzazione degli ultimi anni e alla varietà della nostra struttura produttiva, che si riflette poi nella diversificazione delle esportazioni. Certo gli eventi internazionali non hanno giocato a nostro favore: la guerra, la crisi energetica, il balzo dell’inflazione hanno inciso molto, “raffreddando” i motori dello sviluppo e alimentando un clima di incertezza. Gli ultimi dati Istat mostrano però che il clima di fiducia delle imprese è salito negli ultimi due mesi, riportandosi ai valori di luglio 2022 e questo è un ottimo segnale. Anche il Governo si sta mostrando (cautamente) ottimista, visto che nel Def sono state riviste al rialzo le previsioni di crescita”.
Il prezzo del gas sembra si stia normalizzando: le aziende stanno ancora soffrendo per i rincari di energia e materie prime o sono tornate a respirare e assumere?
“L’emergenza energetica si è attenuata. Registriamo però altre criticità, in particolare in termini di disponibilità e costo delle materie prime essenziali per la trasformazione digitale e per quella “verde”. Per quanto riguarda l’occupazione, invece, i dati sono positivi. Anche le ultime previsioni sulla domanda di lavoro delle imprese, che monitoriamo con il Sistema informativo Excelsior, mostrano un incremento del 20% rispetto allo scorso anno dei contratti offerti dal sistema produttivo, e di quasi il 7% rispetto ad aprile 2019”.
Alla luce degli ultimi difficili anni, qual è la fotografia del tessuto imprenditoriale italiano e quali sono le sfide del prossimo futuro?
“Nel primo trimestre le iscrizioni di nuove imprese sono sostanzialmente stabili, in linea con quanto registrato lo scorso anno. Le chiusure sono invece aumentate rispetto ai due anni precedenti ma comunque restano tra i valori più bassi degli ultimi dieci anni. Insomma, il quadro è di una certa solidità. Le sfide, invece, sono importanti: la digitalizzazione e la transizione green sono passaggi fondamentali. E le opportunità offerte dal Pnrr sono un treno che non si può perdere”.
A proposito del Pnrr, c’è un acceso dibattito in Italia sulle modalità e sui tempi di realizzazione del Piano. Come giudica l’avanzamento del Pnrr in Italia? Quali sono le criticità?
“Non ho gli strumenti per valutare compiutamente lo stato dell’arte del Pnrr. Le nostre indagini, però, mostrano che l’accesso alle risorse messe in campo non è semplice. Il primo ostacolo che le aziende incontrano è l’eccesso di burocrazia. È qui che dobbiamo intervenire se vogliamo rendere il nostro Paese più competitivo”.
Dalla fine del 2022, inoltre, l’Italia ha un nuovo Governo guidato da Giorgia Meloni. Come giudica l’azione dell’esecutivo dopo questi primi mesi? Quali misure reputa giuste e su quali serviva più coraggio?
“Uno dei provvedimenti assunti che mi trova totalmente concorde è quello riguardante il taglio del cuneo fiscale. Certo, sarebbe stato meglio poter destinare maggiori risorse, perché è una misura indispensabile per sostenere l’occupazione e aumentare gli stipendi”.
All’inizio della stagione turistica le prospettive per l’Italia sembrano favorevoli. Come risolvere i problemi della mancanza di personale stagionale e le criticità legate al turismo di massa che interessa città come Firenze, Roma, Venezia?
“Non c’è solo il turismo che soffre il difficile incontro tra domanda e offerta di lavoro, anche negli altri settori si registrano delle criticità. Ridurre questo gap richiede risposte a breve e a medio-lungo termine. A breve termine, è indispensabile prevedere ingressi regolamentati di persone non italiane. Nel medio e lungo termine serve invece intervenire su più fronti: allineare la formazione alle esigenze delle imprese, attivare politiche di decontribuzione elevata per i nostri ragazzi per contrastare la fuga dei cervelli, sostenere l’occupazione femminile. Il turismo è una nostra grande risorsa ma va governato, anche promuovendo le mete meno conosciute oltre alle nostre meravigliose città d’arte”.
A proposito di occupazione femminile, di recente avete promosso un evento sulla certificazione della parità di genere: qual è la situazione dell’imprenditoria femminile in Italia? E come si può fare per favorire la parità di genere?
“Sulle donne la pandemia si è fatta sentire moltissimo. Nel 2022, si contano 6mila imprese femminili in meno rispetto al 2021. Lo scorso anno, molte meno donne hanno dato vita a un’impresa nei settori tradizionali mentre è cresciuta l’imprenditoria più innovativa, trainata dai settori a maggior contenuto di conoscenza. Riguardo alla parità di genere, invece, il sistema camerale è stato investito di un ruolo importante: quello della certificazione delle imprese, con il compito di supportare il Dipartimento per le pari opportunità per la progettazione e l’organizzazione di servizi per la certificazione, la formazione dell’elenco degli organismi di certificazione, la realizzazione di eventi formativi, la produzione di strumenti di comunicazione e la realizzazione di iniziative on demand. Inoltre, verranno accompagnate alla certificazione almeno mille imprese”.
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