“C’è, senza dubbio, un crescente squilibrio nel sistema economico globale”.
A denunciarlo è stato il Papa, ricevendo in udienza gli ambasciatori di Islanda, Bangladesh, Siria, Gambia e Kazakhstan presso la Santa Sede, in occasione della presentazione delle lettere credenziali. “Quando impareremo dalla storia che le vie della violenza, dell’oppressione e dell’ambizione sfrenata di conquistare terre non giovano al bene comune?”, si è chiesto Francesco: “Quando impareremo che investire nel benessere delle persone è sempre meglio che spendere risorse nella costruzione di armi letali? Quando impareremo che le questioni sociali, economiche e di sicurezza sono tutte collegate? Quando impareremo che siamo un’unica famiglia umana, che può veramente prosperare solo quando tutti i suoi membri sono rispettati, curati e capaci di offrire il proprio contribuito in maniera originale?”. “Finché non arriveremo a questa consapevolezza, continueremo a vivere quella che ho definito una terza guerra mondiale combattuta a pezzi”, la tesi del Papa, che ha esordito rivolgendo il suo pensiero “in particolare all’amato popolo siriano, che si sta ancora riprendendo dal recente violento terremoto, tra le continue sofferenze causate dal conflitto armato”. “Se guardiamo attentamente alla situazione attuale del mondo, anche uno sguardo superficiale potrebbe lasciarci turbati e scoraggiati”, l’analisi di Francesco: “Pensiamo a molti luoghi come il Sudan, la Repubblica Democratica del Congo, il Myanmar, il Libano e Gerusalemme, che stanno affrontando scontri e disordini. Haiti continua a vivere una grave crisi sociale, economica e umanitaria. C’è poi, naturalmente, la guerra in corso in Ucraina, che ha portato sofferenza e morte indicibili. Inoltre, vediamo aumentare il flusso di migrazioni forzate, gli effetti del cambiamento climatico e un gran numero di nostri fratelli e sorelle in tutto il mondo che vivono ancora in povertà a causa della mancanza di accesso all’acqua potabile, al cibo, all’assistenza sanitaria di base, all’istruzione e a un lavoro dignitoso”.
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