Di Ana Fron, Rubrica “Immigrazione”
Leggi la prima puntata: Quanti immigrati ci sono nel territorio della diocesi?
Leggi la seconda puntata: Immigrati e cure mediche – Informazioni utili
Leggi la terza puntata: Diocesi di San Benedetto, gli immigrati residenti sono 13.588, le nazionalità presenti nei vari comuni
Leggi la quarta puntata: Ana Fron: “La gratitudine”
Leggi la quinta puntata: Partenza senza arrivo
Leggi la sesta puntata: Le badanti e la loro condizione di vita
Leggi la settimana puntata: Considerazioni sulla Scuola e l’abbandono scolastico
Leggi l’ottava puntata: San Benedetto, Ana Fron: l’importanza della Comunicazione Interculturale
Leggi la nona puntata: I Sambenedettesi seguono con attenzione il caso di Omnia
Leggi la decima puntata: Ana Fron: “Zingaro!”
Leggi l’undicesima puntata: Ana Fron: “Gli stranieri ci rubano il lavoro?”
Leggi la dodicesima puntata: Monteprandone, intervista a Eldira: Vi racconto la mia storia
Leggi la tredicesima puntata: Ana Fron: “Odio razziale tra adolescenti: cause e soluzioni possibili”
Leggi la quattordicesima puntata: Ana Fron: “Immigrazione – il non savoir faire degli stati europei”
GROTTAMMARE – Generalmente, quando si intraprende un percorso formativo, in età giovanile, si viene supportati economicamente dalla famiglia. Se si ha una media alta oppure un ISEE basso, si viene sostenuti dallo stato; in breve, si parte con un appoggio. Ma, cosa deve fare uno straniero, che insegue la propria realizzazione quando non è figlio di uno “sceicco arabo” o di un “industriale statunitense”?
Vi racconto la storia di Helena Silveira Netto Trentin, brasiliana, arrivata in Italia con l’intenzione di studiare.
Helena è oggi una donna realizzata; sposata a Grottammare e ambientata perfettamente nel tessuto sociale locale ma, per lei la vita non è stata sempre facile.
L’ho conosciuta tanto tempo fa, mentre collaborava con la Consulta degli immigrati di Grottammare. Si, perché Helena ha fatto tesoro delle sue esperienze e ha aiutato gli altri immigrati a superare più facilmente gli scogli che a suo tempo le hanno creato i maggiori problemi. Ha rappresentato gli immigrati al livello politico locale, con la tenacia e la sensibilità che la contraddistingue, avvalendosi anche di una capacità comunicativa esemplare.
Come sei riuscita a parlare così bene la lingua italiana fin da subito?
Sono arrivata in Italia, all’Università di Perugia, con una borsa di studio, proprio per perfezionare la lingua italiana. Finito il periodo della borsa di studio ho iniziato il corso di specializzazione in L2, per l’insegnamento dell’italiano agli stranieri.
Ti sei formata in italiano in una delle Università per stranieri migliori ma poi, come sei arrivata a Grottammare?
Il nuovo ciclo di studi si predisponeva a lungo termine e io avevo bisogno di vitto e alloggio che ho trovato presso una famiglia di Grottammare. Non potevo gravare sulle spese dei miei genitori in Brasile. Sono rimasta a vivere con una famiglia grottammarese per due anni. In questo periodo ho creato solidi rapporti di amicizia in zona. Più tardi, mi sono trasferita nuovamente a Perugia ma ho sempre avuto Grottammare e San Benedetto come punto di riferimento per la mia vita, fino a farne la mia casa.
Tuttavia, la casa di origine è in Brasile. Vuoi raccontarci qualcosa della tua città?
Io provengo da una bella cittadina dell’entroterra del nord est del Brasile, chiamata Santa Cruz do Sul, di quasi 120.000 abitanti. La località appartiene allo stato del Rio Grande do Sul, con il capoluogo Porto Alegre, dove ho anche studiato Scienze giuridiche sociali.
Comunque, una volta arrivata in Italia hai fatto subito amicizie e ti sei trovata bene. Hai avuto qualche volta l’impressione di non essere accolta?
In genere no. Ho un solo ricordo spiacevole che mi è rimasto impresso. Mi trovavo a Perugia, in compagnia di un collega svedese e, all’ingresso di un negozio dove stavamo per entrare leggo, “No agli extracomunitari”. La frase mi aveva disorientata al punto che volevo rimanere fuori, ma l’amico mi ha spronato ad entrare lo stesso.
Sarebbe stato interessante entrare e chiedere il motivo. Perché pensi rifiutassero gli extracomunitari?
Ero giovane e non ho avuto il coraggio di chiedere, ma ho provato a contestualizzare la posizione di quel commerciante con il momento storico che si viveva, cioè, con l’ingresso dell’Italia nell’Euro. Noi a Perugia eravamo tanti stranieri e forse lui non voleva problemi di valuta.
Gli universitari stranieri rappresentano un discreto reddito per i cittadini perugini. Il commerciante si auto danneggiava in questo modo. Ma tornando alla tua formazione, sei riuscita successivamente a sfruttare i titoli che hai per l’inserimento professionale, dato che avevi progettato di rimanere in Italia?
Per un periodo ho avuto un contratto presso l’Università Gabriele D’Annunzio di Pescara, per l’insegnamento della lingua portoghese. In seguito, mi sono specializzata in traduzioni giuridiche, nei vari contesti, per la mia formazione brasiliana. Ma, se ne avessi avuto l’opportunità avrei potuto sfruttare meglio la mia laurea in scienze giuridiche. All’epoca però non era spendibile in Italia. Oggi più che altro, lavoro nel campo dell’insegnamento delle lingue.
A proposito, quali lingue conosci?
Conosco il portoghese, lo spagnolo e l’inglese, oltre l’italiano.
Riesci ad avere soddisfazioni di qualche tipo con l’insegnamento di queste lingue?
Insegnando ho grandi soddisfazioni professionali e personali, dovute ai risultati che ottengo con i ragazzi ma le remunerazioni non sono particolarmente soddisfacenti. Inoltre, lavoro come precaria. Annualmente faccio domanda ed entro nelle graduatorie per i posti che poi ricopro all’Università, ma ogni volta devo richiedere al Ministero dell’Istruzione il riconoscimento del titolo per quel posto specifico. Concesso una volta potrebbe bastare per sempre ma no, bisogna richiederlo tutte le volte che lo ripeto…
Si è presentato anche per te il problema del riconoscimento dei titoli academici?
Si, inevitabilmente. Mi sono imbattuta nella necessità di convalidare la prima laurea e perfezionare la documentazione per accedere ai concorsi. Il risultato degli sforzi è un paradosso. Mi spiego: con i miei diplomi posso insegnare nelle Università e preparare i futuri insegnanti, ma non posso entrare nelle graduatorie delle scuole in quanto non mi vengono riconosciuti i titoli brasiliani. Comprendo che per entrare nel contesto sociale e didattico italiano sia necessario integrare la mia formazione estera con alcuni esami, che tuttora preparo, ma non posso buttar via anni di studi accademici, rifacendo tutto ex nuovo. Esiste un’altra procedura di convalida ma comporta un dispendio di soldi e di tempo tali che, dopotutto, non so se ne valga la pena.
So che l’Italia ha aperto uno spiraglio per l’accesso diretto alla professione da parte degli stranieri formati in campi tecnologici oppure in infermieristica ma non in altri ambiti.
Ma, nell’epoca della “ricerca alla cieca” di insegnanti per le scuole di ogni grado, ci possiamo permettere di tenere a casa persone molto formate? Quale potrebbe essere una soluzione a vantaggio dell’immigrato con titoli academici del paese di origine?
Se necessario, si potrebbero integrare studi in Italia, però con la partecipazione alle spese da parte dello stato, affinché lo straniero non abbandoni il lungo cammino universitario, eseguito all’estero. Dopotutto verrebbe a vantaggio della comunità.
A proposito della comunità. A Grottammare gli stranieri sono ben accolti e hanno l’opportunità di crearsi una vita soddisfacente. Tuttavia, alcuni di loro faticano a socializzare con gli altri cittadini. Penso ai 113 cinesi, ai 33 indiani, ai 18 pachistani, ai 20 filippini, ai 9 bengalesi, ai 44 nigeriani ai 49 tunisini e tutte le altre nazionalità che abbiamo nella nostra località. Cosa sappiamo di loro? Delle loro esigenze? In realtà, conosciamo poco. Che proposte avresti da fare affinché loro non rimangano isolati o “ghettizzati?
Penso che offrire un luogo e un momento di incontro tra la cittadinanza e gli stranieri, almeno con cadenza annuale, in cui ognuno abbia l’opportunità di sollevare problematiche e dare idee risolutive sia un’opportunità per farli uscire dall’isolamento. Bisogna cercare un modo per spronarli a volere il contatto con gli altri cittadini. Ma per questo occorre conquistare la loro fiducia. Serve farli sentire accettati come cittadini che formano il tessuto sociale locale e che possono dare un prezioso apporto.
In parole semplici serve l’incontro tra cittadini, tra idee, per poi trovare le migliori soluzioni ai problemi. Questo è il suggerimento di Helena per la comunità di Grottammare!
Helena è una donna immigrata ma per il proprio vissuto e la propria preparazione è soprattutto una risorsa importante per la collettività. Una donna protagonista della propria vita e della vita sociale della comunità di Grottammare.
0 commenti