foto SIR/Marco Calvarese

M.Michela Nicolais

“L’evangelizzazione della Corea è stata fatta dai laici: sono stati i laici battezzati che hanno trasmesso la fede, non c’erano preti, perché non l’avevano. Sono venuti solo dopo. La prima evangelizzazione l’hanno fatta i laici. Noi saremmo capaci di una cosa del genere?”. Lo ha detto, a braccio, Papa Francesco, che ha dedicato la catechesi dell’udienza di oggi alla figura del martire e primo sacerdote coreano Sant’Andrea Kim Tae-gon. Al termine dell’udienza, durante i saluti ai fedeli di lingua italiana, il Papa ha rivolto un ennesimo appello per “la martoriata Ucraina”, affidata alla protezione di Santa Maria Ausiliatrice, e ha ricordato la Giornata mondiale di preghiera per la Chiesa cattolica in Cina, che coincide con la festa della Beata Vergine Maria Aiuto dei Cristiani, venerata e invocata nel Santuario di Nostra Signora di Sheshan a Shangai.

“In questa circostanza desidero assicurare il ricordo ed esprimere la mia vicinanza ai nostri fratelli e sorelle in Cina, condividendo le loro gioie e loro speranze”, le parole i di Francesco, che ha rivolto “un pensiero speciale a tutti coloro che soffrono, pastori e fedeli, affinché nella comunione e nella solidarietà della Chiesa universale posano sperimentare consolazione e incoraggiamento”.

“Invito tutti a elevare preghiere a Dio, perché la buona novella di Cristo crocifisso e risorto possa essere annunciata nella sua pienezza, bellezza e libertà, portando frutti per il bene Chiesa cattolica e di tutta la società cinese”, l’appello del Papa.

“Essere discepolo del Signore significa seguirlo, seguire la sua strada, e questo comporta dare la vita per il Vangelo”, ha ribadito Francesco nella catechesi: “Ogni comunità cristiana riceve dallo Spirito Santo questa identità, e così la Chiesa intera, dal giorno di Pentecoste. E da questo spirito che noi riceviamo nasce la passione per l’evangelizzazione”. “Sant’Andrea Kim e gli altri fedeli coreani hanno dimostrato che la testimonianza del Vangelo data in tempo di persecuzione può portare molti frutti per la fede”, ha raccontato il Papa, definendo quella di Sant’Andrea Kim “una testimonianza eloquente di zelo per l’annuncio del Vangelo”. “Circa 200 anni fa, la terra coreana fu teatro di una persecuzione severissima della fede cristiana”, ha fatto notare il Santo Padre. “I cristiani erano perseguitati e annientati”, ha aggiunto a braccio: “Credere in Gesù Cristo, nella Corea di quell’epoca, voleva dire essere pronti a dare testimonianza fino alla morte”. “Stante il contesto fortemente intimidatorio – ha proseguito Francesco – il santo era costretto ad accostare i cristiani in una forma non manifesta, e sempre in presenza di altre persone. Come se parlassero da tempo. Allora, per individuare l’identità cristiana del suo interlocutore, Sant’Andrea metteva in atto questi espedienti: anzitutto, c’era un segno di riconoscimento concordato in precedenza; dopo di che, lui poneva di nascosto la domanda: ‘Tu sei discepolo di Cristo?’. Poiché altre persone assistevano alla conversazione, il Santo doveva parlare a voce bassa, pronunciando solo poche parole, quelle più essenziali. Quindi, per Andrea Kim, l’espressione che riassumeva tutta l’identità del cristiano era ‘discepolo di Cristo’”.

Avere “il coraggio di rialzarsi quando si cade”.

E’ questo, per il Papa, “un aspetto molto importante dello zelo apostolico”. “Ma i santi cadono?”, si è chiesto a braccio Francesco: “Sì. Pensate a San Pietro, che grande peccato ha fatto quello! Ma ha avuto forza dalla misericordia di Dio e si è rialzato”. “Quando era ancora seminarista – l’episodio raccontato dal Papa – Sant’Andrea doveva trovare un modo per accogliere segretamente i sacerdoti missionari provenienti dall’estero. Questo non era un compito facile, poiché il regime dell’epoca vietava rigorosamente a tutti gli stranieri di entrare nel territorio. Una volta egli camminò sotto la neve, senza mangiare, talmente a lungo che cadde a terra sfinito, rischiando di perdere i sensi e di rimanere lì congelato. A quel punto, all’improvviso sentì una voce: ‘Alzati, cammina!’”. Udendo quella voce, Andrea si ridestò, scorgendo come un’ombra di qualcuno che lo guidava”.

“Per quanto la situazione possa essere difficile, anzi a volte sembri non lasciare spazio al messaggio evangelico, non dobbiamo demordere e non dobbiamo rinunciare a portare avanti ciò che è essenziale nella nostra vita cristiana, ossia l’evangelizzazione”,

l’invito di Francesco. “Questa è la strada”, ha proseguito a braccio: “ognuno di noi deve chiedersi: come posso evangelizzare? Pensiamo a noi, al nostro piccolo: evangelizzare in famiglia, con gli amici, parlare di Gesù, evangelizzare con un cuore pieno di gioia, di forza, e questo dono lo dà lo Spirito Santo”. “Prepariamoci a ricevere lo Spirito Santo, a Pentecoste, e chiediamo la grazia del coraggio apostolico, il coraggio di evangelizzare di portare avanti il messaggio di Gesù”, ha concluso il Papa ancora a braccio.

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