DIOCESI – Lectio delle Sorelle Clarisse del Monastero Santa Speranza di San Benedetto del Tronto.

«Mentre stava compiendosi il giorno della Pentecoste, si trovavano tutti insieme nello stesso luogo…», leggiamo nella prima lettura tratta dagli Atti degli Apostoli.

«La sera di quel giorno, il primo della settimana […] erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei…», scrive Giovanni nel brano evangelico che, oggi, la liturgia ci propone.

Cosa accade? Accade che Gesù è risorto, che Gesù è apparso ai suoi più volte ma i discepoli sono ancora rintanati tutti insieme in un luogo chiuso, porte rigorosamente chiuse.

Sono le porte chiuse della paura, le pauremdei discepoli così come le nostre: paura dei Giudei che avevano ucciso Gesù, paura per una fede debole e incongruente, paura del futuro, paura di loro stessi, di noi stessi, paura degli altri.

Sono anche le porte chiuse dell’impossibilità: ormai non è più possibile fare nulla, non è più possibile cambiare vita, cambiare carattere, non è possibile che cambino gli altri su cui siamo bravi, invece, a mettere le nostre etichette, non è più possibile che cambi la nostra storia.

Ancora…sono le porte chiuse dell’incomunicabilità: tra loro, tra noi, all’esterno, paura di lasciar comunicare, di lasciar parlare la nostra vita.

La Parola, oggi, ed è questa la Buona Notizia, ci dice che Gesù passa attraverso tutte queste porte chiuse. Gesù entra nel luogo in cui la paura ci ha fatto rintanare, sta in mezzo ad ogni nostra paura e, da quel mezzo, «soffiò e disse loro: “Ricevete lo Spirito Santo”».

Gesù, attraverso lo Spirito, ci dona la capacità di discernere, di riconoscere ciò che è buono nella nostra vita e ciò che non serve, ci aiuta a comprendere che la sua incarnazione, la sua passione, la sua morte e la sua resurrezione hanno reso nuova la storia.

Da una storia, cioè, che i discepoli pensavano finita, ad una storia nuova che comincia coinvolgendo anche loro: «…tutti furono colmati di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue, nel modo in cui lo Spirito dava loro il potere di esprimersi […]. La folla rimase turbata, perché ciascuno li udiva parlare nella propria lingua […] delle grandi opere di Dio».

La Pentecoste è la vittoria sulla paura: i discepoli, prima chiusi a chiave nel cenacolo, adesso sono capaci di mettere in gioco e donare la loro vita.

La Pentecoste è questo cominciare a donare la vita per il Vangelo. Se sappiamo stare davanti agli altri nella nostra identità di discepoli di Gesù con fermezza ma con tanta umiltà e senza alcuna presunzione, allora il Vento Santo di Dio è entrato nella nostra vita “abbattendo” ogni porta chiusa, ogni paura.

Il miracolo, infatti, non è il parlare tante lingue diverse senza averle mai studiate o conosciute prima, ma che, la presenza dello Spirito, permette di annunciare la Parola con verità.

«All’improvviso…», leggiamo negli Atti degli Apostoli; sì, perché lo Spirito è dono gratuito di Dio, un dono che Dio fa nella sua libertà e che non è mai proporzionale al nostro impegno, alla nostra fedeltà. Scrive San Paolo: «Fratelli, nessuno può dire: “Gesù è il Signore!” se non sotto l’azione dello Spirito Santo».

E’ la stessa certezza del salmista quando canta: «…la terra è piena delle tue creature. Togli loro il respiro: muoiono, e ritornano nella loro polvere. Mandi il tuo Spirito, sono creati, e rinnovi la faccia della terra».

Invochiamo, allora, anche noi lo Spirito perché ci “scorti” sempre nel cammino della vita: «Vieni, Santo Spirito, riempi i cuori dei tuoi fedeli e accendi in essi il fuoco del tuo amore».

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