Filippo Passantino
In ascolto delle comunità attorno ad alcuni temi: educazione, disoccupazione giovanile e conseguente abbandono della Sicilia. Il cammino sinodale nell’Isola tocca le ferite aperte e alcuni tra i problemi sociali principali. E lo fa nello stile che gli è proprio. Quattro cantieri sono stati aperti a Palermo, Catania, Acireale e Messina. Quello etneo volge anche lo sguardo alle persone sorde. Perché l’inclusione sia a 360 gradi. Così le reti sono state gettate e le orecchie aperte alle amministrazioni comunali, alle scuole, alle comunità educanti. L’obiettivo è “ricostruire la città”, porre un argine allo spopolamento, “promuovere la crescita di persone libere”.
Ad Acireale, sono stati coinvolti nel dialogo i 18 sindaci della diocesi. “Abbiamo fatto un primo incontro con loro attraverso i parroci per instaurare una prima conoscenza persona – racconta don Vittorio Benedetto Rocca -. Abbiamo notato da parte loro disponibilità. Insieme abbiamo fissato i punti su cui poterci confrontare: Poi sono stati invitati in vescovado e abbiamo fatto con loro un vero e proprio incontro sinodale, alla presenza del vescovo, rispettando il metodo della conversazione e dell’ascolto spirituale. Abbiamo percepito il loro stupore e la loro meraviglia per essere stati ascoltati”.
Tra i temi affrontati, l’emergenza educativa come “emergenza democratica”. “Abbiamo affrontato il tema delle politiche sociali e di un patto educativo in favore delle nuove generazioni, ma anche quello di arredi urbani a misura d’uomo. Gli amministratori si sono sentiti compresi nelle loro responsabilità e hanno richiesto anche una collaborazione alla Chiesa, non solo alle realtà parrocchiali, a prescindere dal colore politico e dalla fede professata da ciascun sindaco”.
A Messina, il focus principale è stato lo spopolamento. Il cantiere sinodale è stato il luogo in cui realizzare un piano di intervento condiviso con le amministrazioni sul mondo del lavoro e sui giovani. Come primo passo, in diocesi sono state realizzate 4 commissioni: teologica, metodologica, per la spiritualità e il comitato consuntivo di orientamento. Che hanno avuto il ruolo di animatori e di facilitatori. Poi, è cominciata la consultazione del territorio cercando di coinvolgere parrocchie, consacrati e aggregazioni laicali. Alla fine dell’anno scorso sono pervenute in diocesi piccole sintesi che hanno ispirato un documento finale, pubblicato come appendice della lettera pastorale dell’arcivescovo. Quest’anno, sono stati realizzati incontri a livello di vicariato e foranie, con i sindaci della provincia assieme alla diocesi di Patti sui temi della territorialità e dello spopolamento. In un simposio di tre giorni con il mondo della scuola, invece, ci si è dedicati a sinodo e comunicazione. “Lo stile sinodale è piaciuto e piace per l’apertura all’esterno – spiega don Roberto Romeo -. Sono veramente tanti i ragazzi che lasciano la Sicilia. L’invecchiamento delle comunità ci porta a rimodulare una pastorale adeguata alle persone che abbiamo davanti. Le proposte ci portano a intercettare meglio le istanze dei giovani e offrire all’interno delle comunità parrocchiali delle proposte ad hoc per loro. Nel documento finale è riportata un’espressione che dice che i giovani di oggi preferiscono ‘liturgie diverse’. Pensiamo così a strategie per avvicinare i giovani e fare un cammino, aiutando chi rimane ad avere un contatto con le comunità cristiane”.
A Palermo, l’ispiratore dei cantieri sinodali, a trent’anni dal martirio, è don Puglisi. Specialmente di quello diocesano, il cantiere-educazione, intitolato: “Liberi alla maniera di Padre Pino Puglisi”. “Questo cantiere, affine a quello della strada e del villaggio, ci consente di tenere un’attenzione specifica in un tempo e in un luogo, i nostri, segnati drammaticamente dalla povertà educativa”, spiega il direttore dell’ufficio pastorale, don Giuseppe Vagnarelli, che aggiunge: “Ci siamo accorti che i ragazzi fanno fatica a trovare adulti di riferimento. Il modello pedagogico di Puglisi era fatto di prossimità con l’ascolto e poi era capace di indirizzare e non di forzare. Il suo non era un indottrinamento. La libertà, per Puglisi, significava capacità di superare sé stessi per donarsi e offrire il proprio contributo alla società e alla Chiesa. Il vangelo che si fa vita e la vita che diventa vangelo. Così lo abbiamo voluto indicare come modello agli educatori e ai giovani. I ragazzi cercano sempre libertà, ma spesso incappano in tante forme di schiavitù”. Nell’ambito del cammino sinodale, la diocesi lo scorso anno ha realizzato quasi 900 centri d’ascolto e incontrato circa 10mila persone. “Abbiamo cercato di raggiungere anche ambienti di vita che di solito incontriamo ma fatichiamo ad ascoltare, come il mondo del carcere o quello della scuola. Le sinergie attivate dal cammino sinodale sono riuscite, in questo secondo anno, a portare l’attenzione di istituzioni come l’Ufficio Scolastico Regionale e la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Palermo sul ‘Patto Educativo Globale’ promosso dal Papa”.
A Catania, il cantiere sinodale è stato dedicato alle persone sorde e alle “persone che si sentono emarginate dalla Chiesa verso le quali abbiamo maturato un debito di ascolto”. E per la prima volta hanno anche collaborato tra loro le associazioni di settore, come quella della famiglie degli audiolesi (Afae) e l’Ente dei sordi di Catania (Ens). Tutto è partito da uno dei giovani sordi, Orazio. “Siccome sentiva un vuoto nella Chiesa, è andato a parlare con l’arcivescovo Renna. Da qui è nata questa collaborazione che è sfociata nell’assemblea che abbiamo fatto il 29 aprile scorso e abbiamo inserito anche un evento nel pre-Festival della Comunicazione”, riferisce don Giuseppe Raciti, vicario episcopale per la pastorale. Nell’assemblea, ascolto della parola, conversazione spirituale e tavoli sinodali con l’aiuto dei volontari. Ad accompagnare questo percorso, suor Veronica Donatello, responsabile del Servizio nazionale per la Pastorale delle persone con disabilità della Cei. “È stata una bella occasione di integrazione e ha sortito tanto entusiasmo in tutti i partecipanti. L’arcivescovo era presente e ha preso l’impegno con le persone sorde di cominciare un cammino spirituale con loro. E loro sono stati entusiasti. In modo che possa nascere qualcosa di duraturo”.
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