“Ricordo tre episodi che decretarono probabilmente la sua condanna a morte e che ci mostrano la sua passione evangelica e sacerdotale”: lo ha detto il card. Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Cei, nell’omelia della messa celebrata la sera del 23 agosto ad Argenta (Ferrara), in una chiesa gremita di fedeli (tanti gli scout presenti) e di autorità civili e militari, in occasione dei 100 anni dall’uccisione di don Giovanni Minzoni.
Innanzitutto, “celebrò i funerali di un assessore socialista ucciso dai fascisti, durante i quali condannò l’omicidio come mostruoso cinismo, viltà e settarismo”. Poi don Minzoni “scrisse una fermissima lettera – ha proseguito il porporato – dopo che i fascisti avevano impedito una processione degli scout verso il santuario della Celletta, nella quale indicò i veri nemici della Chiesa ‘nei paladini dell’ordine, nei moralisti della disciplina che ostentandosi combattono l’opera dei parroci o meglio del Papa’”. Infine, il 9 agosto, pochi giorni prima dell’assassinio, ebbe una discussione pubblica con il gerarca Balbo che aveva minacciato dure sanzioni se non si fosse sciolta l’associazione scoutistica perché questo era l’ordine del duce. Minzoni rispose che prendeva ordini solo dal Papa e che i suoi ragazzi sarebbero rimasti uniti in nome di Dio per il loro e unico vero bene, che non era quello di imparare a usare i fucili”.
“Pochi giorni prima della morte disse – ha ricordato il presidente della Cei tratteggiando il profilo del sacerdote martire -: ‘Ci prepariamo alla lotta tenacemente e con un’arma che per noi è sacra e divina, quella dei primi cristiani: preghiera e bontà. Ritirarmi sarebbe rinunciare a una missione troppo sacra. A cuore aperto, con la preghiera che spero mai si spegnerà sul mio labbro per i miei persecutori, attendo la bufera, la persecuzione, forse la morte per il trionfo della causa di Cristo. La religione non ammette servilismi, ma il martirio’”.
Il cardinale infine ha citato uno scritto di Papa Francesco per la costituzione della “Commissione dei nuovi martiri”. “I martiri […] – si legge nel testo citato da Zuppi – hanno accompagnato in ogni epoca la vita della Chiesa e fioriscono come ‘frutti maturi ed eccellenti della vigna del Signore’ anche oggi”. “Don Giovanni Minzoni – ha concluso il porporato – è parte di questa luminosa schiera di amici di Dio e ci insegna la forza dell’amore cristiano che non teme l’odio del mondo, seme di vita che non finisce, amico di Cristo, mai servo di idoli e ideologie, ma fratello dei più piccoli, attento a costruire quel mondo dove tutti sono fratelli”. Infine un’invocazione, fuori testo: “La sua testimonianza ci aiuti ad amare come lui, senza paura, anche i nemici”.
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